I ciprioti sfidano l’Unione Europea

mercoledì 20 marzo 2013


Un’altra batosta per l’Unione Europea: bocciato il piano di “salvataggio” di Cipro. Nessun parlamentare ha votato a favore. Trentasei hanno votato contro e diciannove si sono astenuti. E d’altra parte non è difficile capire il perché. Consisteva nel prelievo forzoso del 6,75% dai conti in banca dei ciprioti con meno di 100mila euro e del 9,9% da quelli con più di 100mila euro. Il governo cipriota aveva adottato questa misura estrema in cambio di un fondo europeo di salvataggio da 10 miliardi di euro, che doveva servire a sostenere il sistema bancario dell’isola messo a dura prova, negli ultimi tre anni, dalla crisi greca. L’Eurogruppo (il gruppo dei ministri delle Finanze dei Paesi dell’eurozona) lo aveva concesso in cambio di misure straordinarie di risanamento finanziario. Fra cui il prelievo forzoso, che avrebbe permesso di recuperare 5,8 miliardi di euro.

Si sarebbe trattato di una vera e propria rapina legalizzata che anche noi italiani abbiamo sperimentato sulla nostra pelle (anche se su scala molto più ridotta) quando il governo Amato, nel luglio del 1992, prelevò dai nostri conti lo 0,06%. Ci svegliammo tutti un po’ più poveri, quando non ce lo saremmo mai aspettato e in un periodo in cui la maggior parte di noi era pure in vacanza. A Cipro si sono svegliati sabato mattina con la bruttissima notizia di perdere quasi un decimo dei soldi depositati sui conti in banca. Per impedire ai ciprioti di salvare i loro conti, le banche sono rimaste chiuse fino a ieri. Poi la chiusura forzata è stata prorogata sino a domani. Ma nessuno se n’è rimasto con le mani in mano. A migliaia i cittadini, sentendosi letteralmente derubati, sono scesi in piazza. Ruspe minacciosamente parcheggiate davanti alle banche. Scene di panico ai bancomat, da cui prelevare tutto il possibile. Il presidente Nicos Anastasiades ha fatto di tutto per portare a termine il prelievo forzoso, cercando di convincere i gruppi parlamentari che fosse necessario. Anzi, indispensabile per evitare che il Paese potesse andare in bancarotta. Tuttavia, rendendosi conto che nessun parlamentare avrebbe avuto il coraggio di approvare una cosa del genere, aveva avvertito l’Eurogruppo che una bocciatura del legislativo fosse possibile. Si è cercati di arrivare a delle misure di compromesso nel corso della giornata di ieri. Prima il governo, d’accordo con l’Eurogruppo, aveva pensato di escludere dal prelievo forzoso i conti correnti con meno di 20mila euro. Poi però i conti non tornavano. Allora l’Eurogruppo aveva suggerito di aumentare l’aliquota superiore, da 10 a 15%, per i grandi correntisti. Ma intanto il panico dilagava, a Cipro e non solo.

La paura dei correntisti si è diffusa in tutta l’eurozona, benché il presidente di turno dell’Eurogruppo, il ministro olandese Jeroen Dijsselbloem, rassicurasse che misure simili non fossero da temere in nessun altro Paese membro, perché solo a Cipro la condizione delle banche è così “esposta e sbilanciata”. “Ue, chi è il prossimo: Italia o Spagna?” chiedeva uno degli striscioni dei manifestanti. E non è un terrore infondato. Perché anche a Cipro avevano promesso di non toccare i conti correnti, finché non hanno annunciato il contrario. Se il prelievo forzoso fosse stato implementato senza passare dal parlamento, avrebbe costituito un principio gravissimo, una massiccia violazione arbitraria della proprietà privata da parte di un governo, su suggerimento di un organismo europeo. Non c’è niente di meglio, per distruggere un mercato, che l’assenza di regole e l’arbitrio del governo. Chi mette più i propri soldi in una banca se, una notte, un governo si sveglia e te li porta via? L’Ue si può comportare come quei dittatori privi di regole che sequestrano a piacimento capitali e mezzi di produzione, nazionali e stranieri? Una fuga di capitali da tutta l’eurozona è stata presa in considerazione dai membri dell’Eurogruppo?

Ma la crisi di Cipro non ha riguardato solo l’Ue. A Est dell’Unione, i grandi correntisti russi detengono la maggior quota di quel 40% di capitali stranieri depositati nelle banche cipriote. Putin non l’ha presa bene. Ha definito la manovra suggerita dall’Ue “iniqua, pericolosa e non professionale”. La pressione di Mosca si è fatta sentire anche a Cipro, beneficiaria di aiuti russi (2,5 miliardi concessi nel 2011) oltre che europei. Proprio ieri il ministro delle Finanze di Nicosia, Michalis Sarris, è volato a Mosca a discutere sugli interessi di quel prestito, chiedendo di dilazionarne i rientro al 2020. Non è ancora dato sapere cosa altro abbiano discusso. È anche possibile che Mosca abbia anche trattato sullo sfruttamento dei giacimenti di gas nelle acque territoriali dell’isola, un’offerta che, oggi come oggi, potrebbe essere di grande aiuto all’economia locale. E che, in cambio, abbia fatto pressioni per archiviare una manovra che avrebbe privato, di colpo, i correntisti russi di almeno un decimo di quel che avevano messo a Cipro.

Alla fine è stato il parlamento, democraticamente, a dire un secco “no” all’Unione Europea.


di Stefano Magni