La sfida di Bersani a Napolitano

venerdì 15 marzo 2013


È la strategia della disperazione quella che viene portata avanti da Pier Luigi Bersani e dai suoi sostenitori. Il segretario del Pd non si rassegna alla sconfitta elettorale. Non intende in alcun modo uscire di scena passando la mano nel partito e rinunciando per sempre al sogno di sedere a Palazzo Chigi. Per questo il suo unico obbiettivo è il voto anticipato a giugno. Perché se si dovesse tornare alle urne alla fine della primavera il Pd non potrebbe celebrare il congresso destinato a giubilarlo. E, soprattutto, non ci sarebbe il tempo necessario per tenere quelle primarie con cui il suo competitore interno Matteo Renzi conta di rottamarlo, diventare il candidato premier della sinistra e conquistare la leadership del partito. Il disegno di Bersani è ormai chiaro in ogni suo aspetto. Per provocare le elezioni a giugno deve fare terra bruciata di fronte ad ogni ipotesi di governo diverso da quello irrealizzabile tra Pd e grillini.

Di qui la scelta di surriscaldare al massimo il quadro politico decidendo di rompere ogni tipo di possibile rapporto con il Pdl attraverso la criminalizzazione del suo leader Silvio Berlusconi e dell'intero centrodestra . E sempre di qui il corteggiamento, apparentemente assurdo visto che viene fatto a chi reagisce con insulti e ribaltando completamente la linea politica tenuta in campagna elettorale, nei confronti del Movimento Cinque Stelle. Più Bersani rincorre Grillo, più rende impossibile ogni ripresa di dialogo non solo con il centrodestra ma anche con i centristi di Mario Monti. Cioè azzera in anticipo ogni residua speranza di evitare le elezioni anticipate con un governo del Presidente, di scopo, di responsabilità o semplicemente balneare, che serva a cambiare la legge elettorale, assumere i provvedimenti economici indispensabile per ridurre la tensione della crisi e portare il paese alle urne in autunno o in concomitanza con le europee del prossimo anno. Per perseguire il proprio scopo Bersani ha giocato e si appresta a giocare ogni carta utile.

Dal sostegno al candidato grillino alla Presidenza della Camera alla mobilitazione dei soliti intellettuali organici e degli ancora più soliti magistrati organici presenti nelle Procure e nel Consiglio Superiore della Magistratura. In più, sempre per avere la garanzia assoluta di poter avere dal successore di Giorgio Napolitano un immediato scioglimento delle Camere per il voto a giugno, si prepara a puntare su quel Romano Prodi che pur di concretizzare il vecchio sogno di installarsi al Quirinale sarebbe disposto a sciogliere anche gli elmi dei corazzieri. Ma l'interesse personale di Bersani non coincide in alcun modo con l'interesse generale del paese. Al contrario, rappresenta un macigno posto in maniera irresponsabile sulla strada del tentativo di fronteggiare la crisi senza inutili perdite di tempo, una spinta verso un disastro che non colpirebbe solo la società italiana ma che lo stesso Pd destinato a polverizzarsi per seguire l'avventurismo del proprio attuale segretario. Come ogni strategia della disperazione, però, anche quella di Bersani presenta un punto di debolezza.

Che è rappresentato dalla sfida implicita che tale strategia lancia al Presidente della Repubblica in carica legittimamente preoccupato della crisi incombente e giustamente deciso a subordinare gli interessi dei singoli a quelli generali del paese. Come può Napolitano reagire a questa sfida che, come si è visto con il comportamento dei magistrati organici del Csm, assume aspetti anche apertamente offensivi nei confronti del Capo dello Stato? La risposta può venire solo dall'esito delle consultazioni. Dalla constatazione che l'esponente del partito di maggioranza assoluta alla Camera e relativa al Senato non è in grado di formare alcun governo stabile ma solo un esecutivo di minoranza. E dalla decisione, inevitabile visto il no di Pdl, Scelta Civica e dello stesso M5S al governo minoritario del Pd, di saltare l'inutile passaggio dell'esplorazione a Bersani e di puntare subito sul governo di scopo a termine ed a guida istituzionale. Questo significa che Napolitano deve liquidare Bersani aprendo di fatto la battaglia interna del Pd per il nuovo segretario e la nuova leaderschip? Significa proprio questo. E nessuno dubita che recuperando un pizzico della cattiveria tipica della vecchia guardia del Pci, l'ex leader migliorista non sappia e non possa farlo per il bene del paese!


di Arturo Diaconale