Melina politica e crisi economica

mercoledì 13 marzo 2013


Mentre l'agenzia Fitch declassa il nostro debito sovrano, a fronte di una economia che continua a dare segni di grave sfaldamento, assistiamo in questi giorni ad una surreale trattativa per formare un governo del tutto fantomatico. Soprattutto il Partito democratico, a cui il paradosso di una legge elettorale impresentabile ha consegnato il pallino pur essendo risultato il vero sconfitto delle elezioni, ha iniziato a tessere la classica tela di Penelope, ben sapendo che un governo con Grillo non si farà mai. Si prende tempo, si traccheggia ma nel frattempo le sofferenze bancarie, ovvero i crediti inesigibili, hanno raggiunto la cifra considerevole di 92 miliardi, lo stato ha raddoppiato i propri debiti nei confronti delle imprese -oltre 140 miliardi - e, secondo una statistica della Cgia di Mestre, circa la metà di queste ultime è costretta a pagare gli stipendi ai propri dipendenti a rate.

Tutto ciò segnala, come ahinoi continuiamo a scrivere da tempo, che il sistema economico nel suo complesso si sta sempre più avvitando in una spirale recessiva. Spirale recessiva che, per l'appunto, viene resa evidente da una crescente mancaza di liquidità a tutti i livelli. In sostanza, per dirla in estrema sintesi, dato che si produce e si scambia sempre meno, la coperta finanziaria è sempre più corta. Questa grave situazione imporrebbe una agenda politica basata su una serie di riforme strutturale con al centro un deciso alleggerimento della pressione fiscale, da ottenere oramai solo dal lato dei risparmi di spesa. Tutto il contrario, tornando all'attualità politica, di ciò viene portato avanti nei famigerati otto punti di Bersani, con i quali si cerca di convincere Grillo a far nascere un esecutivo per salvare le chiappe al traballante segretario democratico. Otto punti di follia statalista che, di riffa o di raffa, provocherebbe altri disastri economici e finanziari. Non sarebbe, infatti, più sostenibile alcun aumento di imposte per alimentare una spesa pubblica che ha oramai ampiamente superato la colossale soglia degli 800 miliardi all'anno.

Ma per riportare il Paese entro i binari della crescita, facendo dimagrire uno Stato ipertrofico, occorrerebbe una maggioranza politica che il Parlamento uscito dalle urne è ben lungi dal garantire. Tutto questo non potrà che riportarci molto rapidamente in una situazione assai critica, con i mercati finanziari in grande fibrillazione. D'altro canto, nel caso di una prevedibile fuga di ingenti capitali soprattutto dal nostro debito sovrano, come dare torto a chi non si fida più di una nazione trasformata in un treno lanciato in una folle corsa privo del macchinista? Senza qualcuno nella cabina di comando, siamo destinati a scontrarci con la durissima realtà delle cose. E a nulla servirà, se non a peggiorare le cose, cercare di rincorrere la demagogia e il populismo dei grillini promettendo miracolose panacee che la ferrea logica dei numeri rende impossibili.


di Claudio Romiti