Si temeva la pioggia. È arrivata la grandine

martedì 26 febbraio 2013


Lo tsunami c'è stato. L'ondata anomala causata dal terremoto dell'antipolitica ha provocato lo sconquasso che tutti temevano ma che nessuno prevedeva nelle dimensioni scaturite dal voto. È probabile che i dati finali di questa tornata elettorale modificheranno in qualche modo il quadro emerso nella prima giornata di spoglio. E mitigheranno o ridimensioneranno l'impressione iniziale della devastazione del vecchio quadro politico. Ma, qualunque possa essere l'aggiustamento finale, difficilmente potranno essere modificati i dati di fondo. Quelli che indicano il trionfo di Beppe Grillo, la sconfitta congiunta di Bersani e Berlusconi, la disfatta di Monti e di tutte le forze minori della sinistra. Cioè l'ingovernabilità del paese, una ingovernabilità che tutti avevano ampiamente previsto ma che nessuno aveva immaginato potesse risultare così marcata ed irreparabile.

Nessuno s'illuda, infatti sull'eventualità che Pier Luigi Bersani  possa trovare un qualche accordo con i “grillini” per tenere in piedi un governo anche a dispetto dello stesso Grillo. La dimensione della vittoria del Movimento Cinque Stelle è tale da rendere estremamente difficile la possibilità di una “campagna acquisti” da parte del Pd. Semmai è più probabile l'ipotesi opposta visto che il primo sconfitto di questa anomala partita elettorale è proprio il partito che, senza mettere a frutto la lezione subita dalla “ gioiosa macchina da guerra” del '94, si era presentato con la certezza assoluta di avere la vittoria in tasca. Quali saranno, infatti, le prime reazioni alla sconfitta di chi si diceva certo di poter “smacchiare il giaguaro” e non si è accorto che una parte consistente del proprio elettorato al comico Crozza si apprestava a preferire il comico Grillo?

La vittoria del Movimento Cinque Stelle ha come conseguenza diretta un pesante contraccolpo sulla segreteria di Bersani. Quest'ultimo potrà anche ottenere l'incarico di formare il governo da Giorgio Napolitano in quanto titolare del partito maggioritario alla Camera, ma appare fin da ora destinato non solo a non riuscire a formare alcun esecutivo provvisto di una qualche solidità ma anche a vedere messo in discussione il proprio ruolo di leader del partito. La sberla ad opera dei “grillini” rimette automaticamente in campo Matteo Renzi. Che nei prossimi mesi può diventare l'unico personaggio su cui il Pd può puntare per creare un antagonista credibile a Beppe Grillo.

A rendere più difficile la condizione di Bersani concorre direttamente la disfatta di Monti. Se l'esponente centrista avesse ottenuto un risultato tale da poter fare da sponda al Partito Democratico in un ipotetico nuovo centro sinistra, il successo di Grillo sarebbe stato facilmente ammortizzabile. Ma Monti è di fatto scomparso dalla scena pubblica nazionale. Non può rappresentare la soluzione tecnica che aveva interpretato fino al momento della “salita in campo”. E non è il partner tanto atteso ed evocato da Bersani , D'Alema e Casini per il ritorno alla Prima Repubblica del centro sinistra irreversibile. La sua parabola politica è stata breve. Con un esito dannoso non solo per se stesso ma, purtroppo, per l'intero paese.

Rimane da valutare la sconfitta di Berlusconi, che però è l'unico ad aver perso con onore e senza il previsto tracollo dei mesi scorsi. Rispetto al 2008 il centro destra ha subito un pesante salasso. Ma rispetto alle previsioni dei mesi scorsi e grazie all'ultima cavalcata elettorale del Cavaliere ha compiuto un recupero addirittura miracoloso. Che lo rende decisivo per un eventuale governo di larghe intese ma che non lo affranca dalla necessità di procedere  ad una profonda fase di completa rifondazione del proprio schieramento.

Il punto di partenza non è quello su cui si è infranto negli anni scorsi ogni tentativo in questo senso. Cioè il solito dilemma: Berlusconi si, Berlusconi no. Ancora una volta il Cavaliere ha dimostrato con la sua campagna elettorale. Il punto di partenza è la consapevolezza che da adesso in poi sarebbe folle riaffidarsi solo alle sette vite del fondatore del Pdl. È il momento di dare vita o ad un unico grande partito fondato su idee e valori chiari e riconoscibili o di mettere in piedi un rassemblement a cui far partecipare anche quegli spezzoni centristi orfani di Monti e dei suoi pessimi amici ed alleati Casini e Fini.    


di Arturo Diaconale