mercoledì 16 gennaio 2013
Non è solo una minaccia quella di Nichi Vendola di aprire un confronto ed un dialogo con Antonio Ingroia. Perché è vero che con questa sua mossa il leader di Sel ha voluto ribadire la sua opposizione all’ipotesi di un Monti-bis post-elettorale fondato sull’alleanza tra centristi e sinistra ed ha fatto capire a Bersani di essere pronto alla rottura con il Pd pur di scongiurare l’incubo dell’eterno badante per i post-comunisti. Ma è altrettanto vero che oltre ad essere una minaccia quella di Vendola è anche una prospettiva niente affatto peregrina per lo schieramento guidato da Pierluigi Bersani.
La sortita compiuta dal governatore pugliese solleva una domanda che non riguarda i possibili comportamenti futuri dello stesso Vendola ma quelli del segretario del Pd. Come si comporterebbe Bersani, infatti, se una volta incaricato di formare il governo dovesse scoprire che l’accordo con i centristi di Monti è più difficile del previsto e che la strada per assumere la guida del paese può passare più tranquillamente attraverso una intesa con la galassia giustizialista di Rivoluzione Civile? In pratica, che farebbe il segretario Pd di fronte all’alternativa tra un Monti che pretende la luna ed un Ingroia che si accontenta del ministero della Giustizia?
Al momento la questione non si pone neppure. La distanza tra Pd e Rivoluzione Civile sembra incolmabile. Ma la situazione può cambiare. E la mossa di Vendola sembra fatta apposta per dimostrare come anche l’ipotesi al momento più inverosimile, come quella di una alleanza tra sinistra e giustizialisti, possa diventare possibile in caso di necessità. Naturalmente si debbono verificare le condizioni adatte. Come un buon successo elettorale della coalizione guidata dall’ex pm di Palermo affiancato per l’occasione dall’ex pm di Milano Di Pietro e dall’ex pm di Potenza De Magistris ed un risultato non negativo per i centristi montiani tale da alimentare la pretesa di Monti di tornare a Palazzo Chigi con i voti della sinistra. E se queste condizioni si dovessero realizzare l’ipotesi posta da Vendola potrebbe diventare fin troppo concreta. Ed il futuro governo del paese potrebbe essere non di centro sinistra ma di sinistra-sinistra. Con buona pace di tutti i centristi convinti di poter cancellare con la loro presenza il bipolarismo e l’alternanza democratica e riesumare la vecchia centralità democristiana nella versione riveduta e corretta della casta dei tecnici e dei notabili dei “poteri forti”.
Di qui la necessità di sollecitare Bersani a pronunciare una parola chiara in campagna elettorale sull’ipotesi vendoliana. Una parola che non può essere solo un’assicurazione ma deve trasformarsi in un impegno preciso e concreto. Perché qualche dubbio in proposito è fin troppo fondato. Non è forse vero che le primarie hanno prodotto lo spostamento a sinistra del Pd? E non è altrettanto certo che i “giovani turchi” bersaniani, quelli che non hanno esitato a fare piazza pulita dei liberal, dei renziani e di chiunque non fosse sulla linea Fassina-Camusso, potrebbero cedere facilmente al richiamo della foresta provocato dalla suggestione di dare vita ad un governo di sinistra-sinistra privo di qualsiasi badante o protettore di estrazione moderata e riformista?
Non va dimenticato che la lunga marcia di Bersani per la conquista definitiva della leadership del Pd è partita con la famosa foto di Vasto. Quella che lo vedeva a fianco di Vendola e Di Pietro. Non è affatto impensabile, quindi, che pur di concludere la marcia a Palazzo Chigi lo stesso Bersani sia disposto a farsi fotografare a braccetto con Vendola ed Ingroia.
di Arturo Diaconale