Il partito della spesa pubblica è in testa

venerdì 28 dicembre 2012


Nonostante ad ogni campagna elettorale riprenda il tormentone del corteggiamento ai cosiddetti elettori moderati, anche questa volta è molto probabile che prevalga l’amplissimo e trasversale partito estremista della spesa pubblica. Programmi o agende che siano, l’impressione è che nessun partito o schieramento abbia il coraggio di affrontare la questione delle questioni: l’eccesso di risorse controllato dalla mano pubblica, il quale ha raggiunto il 55% del Pil, complice l’inasprimento della fiscalità e il crollo dell’attività economica. Tanto è vero che se da una parte il governo tecnico uscente ribadisce nella legge di stabilità l’aumento di un altro punto dell’Iva, da realizzarsi nel luglio prossimo, la proposta più rivoluzionaria sul piano liberale, quella di eliminare l’Imu sulla prima casa sostenuta da Berlusconi, presuppone di compensare le minori entrate con un aumento equivalente dei tabacchi, delle accise sugli alcolici e di altri balzelli sui giochi leciti e sui viaggi.

In sostanza, rispetto al fronte spendaiolo e tassaiolo per eccellenza rappresentato dalla coalizione di Bersani e Vendola, non mi sembra che ci sia qualcuno, dotato di un significativo peso elettorale, che proponga un sostanziale arretramento di un sistema pubblico i cui proibitivi costi stanno mandando alla rovina il sistema economico, spread o non spread. Anzi, l’idea che sembra abbastanza diffusa in questo grigio panorama politico è quella di introdurre una ulteriore patrimoniale - sui ceti più ricchi si legge, ad esempio, nei programmi della sinistra e nell’agenda Monti - per ridurre la pressione fiscale sulle imprese e sui lavoratori. Una proposta che ci rende a dir poco perplessi, poichè se non si taglia in modo strutturale una spesa pubblica che nessuno è riuscito finora a controllare - lo dimostra l’aumento di oltre 100 miliardi nel debito pubblico registrato nell’ultimo anno - per rendere definitivi i medesimi sgravi fiscali si dovra forse pensare ad una patrimoniale annuale? Francamente colpire in modo costante uno stock passivo come quello immobiliare, dato che gran parte del patrimonio privato è costituito da case e terreni, risulterebbe irrealizzabile.

La verità, anche se un paese dominato dagli struzzi stenta a voler vedere, è che il fondo del barile è stato ampiamente raschiato. Il livello della fiscalità, onde sostenere una spesa pubblica che non ha paragoni in Europa, ha raggiunto un punto di non ritorno, contribuendo a far avvitare in una spirale recessiva un sistema economico il quale, in simili condizioni, non potrà mai riprendersi. D’altro canto se nel tentativo di allentare la tensione insopportabile che si crea quando la fiscalità rincorre vanamente le uscite di uno stato impazzito si opera quasi unicamente dal lato del tasse, ci si avvia in modo inesorabile verso la bancarotta economica. Sotto questo profilo, l’unico incentivo nei confronti di chi crea la ricchezza, imprese e produttori privati, passa per una graduale riduzione di un perimetro pubblico che costa troppo. Non vedo altre alternative.


di Claudio Romiti