Meglio Monti dello squadrone rosso

sabato 15 dicembre 2012


Può essere che Silvio Berlusconi abbia deciso di lanciare la candidatura di Mario Monti alla leadership di un centro destra allargato solo per anticipare e non farsi scavalcare dall’analoga richiesta dei vertici del Partito Popolare Europeo. E può anche darsi che a spingere il Cavaliere a manifestare la disponibilità a lasciare il passo al Professore come futuro “federatore” di un fronte di moderati sia stato il timore di non poter tenere a bada la componente montiana del proprio partito e la necessità di scongiurare una possibile scissione. Può essere tutto questo. Così come non si può neppure escludere che Berlusconi si sia mosso solo per il gusto di stare comunque al centro della scena politica nazionale ed europea. Qualunque sia la ragione del suo gesto, però, è un fatto che l’avvio della operazione-Monti sia stata compiuta dal Cavaliere. E che questa operazione abbia avuto come conseguenza immediata il completo ribaltamento dello scenario della prossima campagna elettorale.

Fino alla scorsa settimana al centro dell’attenzione generale c’era il Pd ed il suo segretario Pierluigi Bersani proiettato, con il suo “squadrone” rosso segnato dalla presenza di Nichi Vendola, verso una vittoria elettorale che appariva talmente inevitabile da risultare addirittura scontata. Successivamente, con l’annuncio della ridiscesa in campo di Berlusconi, Bersani ha perso il monopolio della scena ed ha adovuto subire il ritorno dello schema bipolare incentrato sul solito scontro tra berlusconiani ed antiberlusconiani. A cambiare questo quadro non è servito il tentativo di Casini, Fini e Montezemolo di usare il nome di Monti per far saltare il vecchio schema bipolare. Per la semplice ragione che lo stesso presidente del Consiglio si è guardato bene dal mettere la propria faccia e la propria credibilità sopra uno schieramento di cespugli centristi preoccupato solo della salvezza personale. Ora, però, nel giro di appena qualche ora, tutto è cambiato. Il Cavaliere ha sparigliato. E, soprattutto, l’intervento nella politica italiana del Ppe e delle principali Cancellerie europee ha rimescolato totalmente le carte in tavola. Al centro della scena non ci sono più né Bersani e neppure lo stesso Berlusconi. C’è solo Mario Monti, trasformato dall’intervento europeo in una sorta di demiurgo salvifico non solo della patria italiana ma soprattutto di quella del Vecchio Continente.

Ormai le critiche al Professore capace solo di aumentare il carico fiscale, di cedere alle pressioni del Pd e della Cgil, di non saper tenere a freno le richieste delle banche e dei poteri forti passano in secondo piano. La campagna elettorale italiana non si incentra più sul dilemma “sinistra sì - sinistra no” o sulla contrapposizione tra berlusconiani ed antiberlusconiani. Diventa una sorta di referendum sull’Europa  rappresentata nel nostro paese da Mario Monti e da tutte le forze disposte a riconoscersi sotto le insegne del Professore. Il fenomeno non è tanto diverso da quello che già si è verificato in Grecia. Con la differenza che ad Atene l’Europa è intervenuta dopo le prime elezioni imponendo ai greci di tornare alle urne per non condannare il paese all’uscita dall’Unione. In Italia, invece, magari proprio alla luce dell’esperienza greca, è intervenuta con larga anticipo, prima della campagna elettorale, per esorcizzare il doppio fantasma della possibile vittoria di una sinistra troppo sbilanciata su posizioni estremiste e di una destra costretta ad arroccarsi nel populismo antieureo per cercare di sopravvivere al rullo compressore dello “squadrone rosso” di Bersani e Vendola.

L’idea che l’Italia venga trattata come la Grecia provoca sicuramente fastidio. Ma la nostra sovranità nazionale non si perde adesso. La nostra classe politica vi ha rinunciato da parecchi decenni. E senza ottenere in cambio di poter partecipare in posizione paritaria alla costruizione dell’unità politica europea.
Per cui non rimane che fare buon viso a cattivo gioco, prendere atto che Monti sarà obbligato a raccogliere l’investitura del Cavaliere e dell’Europa, sperare che questo sia un passo in grado di accelerare i tempi degli Stati Uniti d’Europa ed accontentarsi della soddisfazione di vedere lo “squadrone rosso” fare la fine della “ gioiosa macchina da guerra”!

di Arturo Diaconale