Bipolarismo e terzo polo

giovedì 13 dicembre 2012


Chi pensava che la ridiscesa in campo di Silvio Berlusconi passasse inosservata è abbondantemente servito. Il Cavaliere è ricomparso e lo schema bipolare, quello che aveva dominato la scena politica per vent’anni di seguito, è riscattato con la stessa violenza e con l’identica efficacia manifestatesi negli ultimi vent’anni. Tutta colpa del Cavaliere e del suo nazional-populismo? Quello che lo vede contrapposto non solo al duo Bersani-Vendola ma anche a Mario Monti ed, addirittura, alla Cancelliera tedesca Merkel? Oppure tutta responsabilità degli antiberlusconiani più virulenti, quelli che vorrebbero cancellare a colpi di sentenze e di gogna mediatica un leader del Pdl considerato la sentina di tutti i mali passati, presenti e futuri del nostro paese?

In realtà se lo schema bipolare torna a scattare con la tempestività e la tumultuosità di sempre non dipende solo dalla spregiudicatezza nazional-populista del Cavaliere e dal richiamo della foresta dei post-comunisti bersanian-vendoliani. Lo schema è a due voci antagoniste ed alternative per la semplice ragione che una terza voce non esiste. O, se esiste, è talmente flebile e poco convincente da non riuscire a bilanciare  quella delle altre due. Le ragioni di questa sostanziale inesistenza sono numerose. Ma le principali sono l’incapacità di elaborare una proposta politica con un minimo di fondamento e l’impossibilità di concepire un centro diverso da quello concretizzatosi nel secondo dopoguerra nella vecchia Democrazia Cristiana.

La mancanza di progetto politico è resa clamorosamente evidente dall’ossessiva ripetizione della proposta del Monti-bis da parte dei vari Casini, Fini, Pisanu, Montezemolo, cioè dai personaggi che dovrebbero essere i leader dell’attuale area centrista. Questa proposta non ha contenuti di sorta. Nel senso che nessuno di quelli che la sostiene è in grado di riempirla di progetti, misure, strategie precise. E non perché il governo tecnico di Monti non si identifichi con la linea del rigore ma perché a nessuno sfugge che il rigore, da solo, non rappresenta una proposta politica per uscire dalla crisi, ma solo la spinta a cadere nella depressione e nella disperazione. Manca, in sostanza, a chi si nasconde dietro l’idea del Monti-bis, qualsiasi idea di come affrontare il futuro. Sia quello immediato che quello più lontano. V’è solo la nostalgia del passato. E non solo quello prossimo ma anche quello più remoto. 

Con il risultato di trasformare la proposta del Monti-bis come una semplice “operazione nostalgia” di un tempo ormai scomparso e non più riproponibile. La riprova più illuminante ed inquietante di questa incapacità di proporre accanto ad un nome anche un progetto è venuta dalla curiosa pretesa di Montezemolo di chiamare la propria aggregazione “Verso la Terza Repubblica” rifiutandosi, però, di indicare una qualsiasi caratteristica di questa fantomatica Terza Repubblica. Come si può pretendere di passare dal bipolarismo al tripolarismo se poi uno dei principali artefici del terzo polo non solo non si mette alla guida del proprio esercito e proclama il classico “armiamoci e partite” ma non indica neppure ai propri uomini quale dovrebbe essere la direzione di marcia?

Questa incapacità di elaborare un qualche progetto politico capace di dare identità al centro nasce dall’eredità culturale lasciata dalla vecchia Dc. In particolare da quella parte dello scudo crociato impregnata di dossettismo, cioè di subalternità politica e culturale alla sinistra marxista, che ha sempre creduto che l’unica prospettiva politica del centro sia quella della irreversibile alleanza con la sinistra. Non è un caso, ad esempio, che oggi uno dei partecipanti al progetto montezemoliano, cioè il presidente della Acli Andrea Olivero, vada ripetendo la necessità di una alleanza preventiva tra i sostenitori del Monti-bis e quel Pd di Bersani e Vendola che non ha alcuna intenzione di lasciare alla guida del governo il Professore e punta ad assumere in prima persona la guida del paese. Ma se l’unico centro possibile è solo quello subordinato al polo di sinistra, perché stupirsi se il ritorno del cavaliere fa riscattare il bipolarismo? 


di Arturo Diaconale