La Tav affosserà il centrosinistra

mercoledì 5 dicembre 2012


Quale scenario si apre per il Pd bersaniano terminata la fase dell’orgoglio e del giudizio? Perché fuori dai grafici e dalle piantine che attestano la vittoria del nuovo candidato premier del Pd, Pier Luigi Bersani, nelle ripartizioni regionali e cittadine dei voti, la futura “componentistica” dei democratici non è questione su cui si possa soprassedere. Bersani, per dare il benvenuto all’ex sfidante Matteo Renzi ha usato intenzionalmente la metafora bellica dello “squadrone” che evoca la prodiana “gioiosa macchina da guerra” e vuole essere un omaggio allo stesso Romano Prodi. Il rischio, però, è che da un Pd allargato si passi ad un Pd allagato, insomma ad un copione già rappresentato proprio ai tempi del governo Prodi quando il senatore Franco Turigliatto di Rifondazione comunista prima nel 2007 si astenne al Senato (il che a Palazzo Madama equivale a voto contrario) insieme al collega del PdCi Fernando Rossi sulla mozione dell’allora ministro degli Esteri D’Alema per il rifinanziamento della missione in Afghanistan. Poi, nel 2008, fu nuovamente tra i senatori che negarono la fiducia al secondo governo Prodi prima di presentare il suo movimento Sinistra Critica alla successive elezioni. Oggi cambiano i personaggi ma non le geometrie geometrie variabili all’interno dello schieramento di sinistra. Passata l’epoca di Bertionotti e Turigliatto l’oltranzismo intransigente, sia pur travestito da “libertà creativa” è affidato a Nichi Vendola. Il leader del Sel non soltanto non si sente «prigioniero di nessuno» ma ha già imbrigliato il futuro successo della “carta d’intenti” con cui Pd, Psi e Sel dovrebbero accingersi a lavorare al dopo Monti. Vendola ha infatti  confermato, ed è soltanto il primo in ordine di tempo dei molti distinguo che seguiranno rispetto alla linea della “buona coalizione dal buon programma”, la sua contrarietà «alla  scelta di Monti e Hollande» di non mettere in discussione il progetto dell’Alta Velocità che dovrebbe collegare Torino con Lione. Un arroccamento, quello vendoliano, rispetto al quale si impregna di «tecnica ingenuità» (?) la già spregiudicata fuga in avanti di Mario Monti che ieri ha funambolicamente spronato l’Italia a superare con persuasione e determinazione degli “ostacoli nazionali alla Tav” per convincere la Ue che deve ancora impiegare 3,4 miliardi nella realizzazione dell’alta velocità ferroviaria a completare il finanziamento. Gli altri azionisti dell’asse destinato a breve a governarci dovranno fare i conti con Vendola e quella «libertà creativa, che ci consente di vivere la politica come presidio dei diritti dei cittadini». Primo fra tutti, il diritto di ingessare, nel nome della imperitura battaglia anticapitalista, qualsiasi opera consenta all’Italia di collocarsi, attraverso un ammodernamento, su un piano internazionale. E ad affossare quello che il leader del Sel auspica sarà «un governo di centrosinistra senza trattini» sarà una tratta: quella Lione-Torino.


di Barbara Alessandrini