sabato 1 dicembre 2012
Non è una stata una vanteria quella che Pierluigi Bersani ha fatto dichiarando di aver contribuito a spingere il presidente del Consiglio, Mario Monti, a forzare la mano al ministro degli Esteri, Giulio Terzi, spingendolo a votare a favore dell’ingresso della Palestina di Abu Mazen nell’Onu in qualità di “stato osservatore”. Di sicuro il segretario del Pd ha insistito su Palazzo Chigi in favore del via libera alle Nazioni Unite dello stato palestinese. Ma altrettanto sicuramente la sua insistenza ha trovato la porta di Monti assolutamente aperta. Forse per una ragione politica che non ha nulla a che vedere con il Medio Oriente e che riguarda la necessità del governo tecnico italiano di muoversi in politica estera in stretta sintonia con i paesi dell’Unione Europea, Francia in testa? Sicuramente sì. Bersani, che si considera una sorta di Hollande italiano, calibra i propri passi sul terreno della politica estera seguendo attentamente le orme lasciate dal presidente socialista francese.
E Mario Monti, che non può e non vuole compiere alcun atto distonico rispetto alle linee non solo economiche ma anche diplomatiche indicate dall’Europa (o meglio, dai paesi che la dirigono sulla base dei propri interessi nazionali), si è comportato come l’intendenza di Napoleone ed ha seguito pedissequamente l’indirizzo dato da Hollande. Ma c’è stato molto di più dell’intreccio tra la subalternità ideologica di Bersani e la passività politica di Monti ad intrecciare le ragioni dell’uno e dell’altro nella scelta di sostenere l’ingresso all’Onu della Palestina di Abu Mazen e di esporre Israele al rischio di future delegittimazioni internazionali. Questo di più è rappresentato dalla comune convinzione di Bersani e di Monti che alla radice dei problemi mediorientali ci sia il conflitto mai risolto tra palestinesi ed ebrei. Un conflitto che, sulla base di tale convinzione, ha la sua radice nella nascita dello stato d’Israele. La convinzione del segretario del Pd è il frutto della vulgata anti–israeliana dominante nella sinistra italiana fin dai tempi della guerra del ‘56. Quella del presidente del Consiglio nasce dalla vulgata diplomatica sempre anti–israeliana dominante a Bruxelles dagli anni settanta. Sia l’una che l’altra portano a concludere che se non ci fosse Israele il Medio Oriente sarebbe un teatro di pace. Ma, purtroppo, si tratta di convinzioni vecchie che portano a conclusioni sbagliate.
Perché la realtà del presente è totalmente diversa da quella su cui Bersani e Monti fondano il loro comune pregiudizio. Non è il conflitto tra ebrei e palestinesi a rendere una bomba ad orologeria il Medio Oriente, ma sono i conflitti aperti e nascosti in atto nel mondo arabo ad alimentare le tensioni tra Israele , Gaza e Palestina ai fini degli interessi superiori in campo. In passato la tesi secondo cui sarebbe bastata la scomparsa d’Israele per riportare la pace in Medio Oriente poteva avere un qualche fondamento. Ma se oggi Israele scomparisse d’incanto o per effetto di un bombardamento atomico, è proprio certo che la pace tornerebbe a dominare l’area? Bersani e Monti hanno sentito parlare del conflitto in atto tra sunniti e sciiti? Del tentativo, in atto da alcuni decenni da parte del regime khomeinista iraniano, di conquistare l’egemonia politica e religiosa e della resistenza che a questo tentativo viene portata avanti dall’Arabia Saudita e dagli emirati del Golfo? L’ispiratore ed il realizzatore della svolta anti–israeliana della politica estera italiana hanno avuto il vago sentore che i missili iraniani lanciati da Hamas contro Israele sono serviti a distogliere l’attenzione mondiale dall’azione repressiva che il governo siriano, appoggiato dall’Iran, sta compiendo contro i ribelli sunniti foraggiati dagli emiri e dall’Arabia Saudita? Bersani e Monti hanno tranquillamente ignorato questi interrogativi ed hanno preferito seguire i loro pregiudizi, frutto di vulgate diverse ma ispirate entrambe alla tesi secondo cui la comparsa d’Israele ha significato guerra e la sua scomparsa porterebbe automaticamente la pace. Forse è il caso che qualcuno li informi che con la loro scelta hanno reso accelerato i tempi dell’Apocalisse atomica mediorientale.
di Arturo Diaconale