Val d’Aosta, la fuga dalle responsabilità

giovedì 22 novembre 2012


In Val d’Aosta la maggioranza dei cittadini non vuole il pirogassificatore. Cioè l’impianto che dovrebbe eseguire il trattamento a caldo dei rifiuti prodotti nella regione. Un referendum propositivo ha bocciato con una sorta di plebiscito negativo la decisione presa dal Consiglio regionale con un voto quasi unanime (trenta voti a favore e cinque astenuti su 35 consiglieri) di puntare a risolvere il problema dei rifiuti adottando il pirogassificatore. Beppe Grillo, che ha condotto in prima persona la battaglia contro l’impianto di trattamento dei rifiuti valdostani, ha legittimamente rivendicato al Movimento cinque stelle la clamorosa vittoria. E tutti gli osservatori hanno giudicato la vicenda come una significativa anticipazione di quanto avverrà alle prossime elezioni politiche. Cioè come una prova generale del grande successo che arriderà al movimento del comico genovese (ma si può ancora definire comico un personaggio che si accinge a guidare la seconda o terza forza politica del paese?). Il referendum valdostano, però, non può essere giudicato solo come una anticipazione del prossimo risultato delle politiche di primavera. Perché gli abitanti della Val d’Aosta saranno pure stati convinti a votare contro la decisione del Consiglio dall’eloquenza di Grillo, ma non si sono espressi a favore di una persona o di un partito. Hanno espresso con una valanga di schede la propria decisione di respingere in maniera netta e definitiva una possibile soluzione da dare al problema dei rifiuti della regione. Non hanno indicato alcuna soluzione alternativa al pirogassificatore. Perché il referendum, pur essendo propositivo, non proponeva nulla di tutto questo. Ma anche se ci fossero state proposte di soluzione diversa non le avrebbero comunque votate. Perché al fondo della loro scelta c’è stato il rifiuto stesso di un problema, quello dello smaltimento dei rifiuti, che viene concepito come un male da eliminare in quanto frutto della perversione della società dei consumi. Qualcuno ha visto nell’esito del referendum valdostano il vero volto dell’antipolitica. Cioè il rifiuto della razionalità che impone alla politica di affrontare e risolvere i problemi della società ed il trionfo dell’irrazionalità che nega l’esistenza dei problemi pur di negare alla politica l’obbligo di risolverli. 

In realtà c’è molta razionalità nella scelta apparentemente irrazionale della maggioranza degli abitanti della Val d’Aosta. C’è il rifiuto ideologico della modernità e la scelta egoistica, ma fin troppo reale e profonda, di scaricare i problemi reali sulle spalle degli altri, purché siano estranei al proprio territorio. In questa luce l’antipolitica non è solo un atto di ripulsa della modernità ma è anche e soprattutto una scelta di rifiuto delle proprie responsabilità di cittadino. A nessuno di coloro che hanno votato “no” al referendum passa minimamente per la testa che l’alternativa al pirogassificatore in regione potrebbe consistere nel ritorno al tempo antico in cui il tenore di vita era talmente basso ed i consumi talmente ridotti da rendere insistente il problema dello smaltimento dei rifiuti. L’idea dominante è che il tenore di vita deve rimanere inalterato ed i rifiuti scaricati fuori della regione. Se i napoletani mandano la “monnezza” in Olanda, perché i valdostani non dovrebbero fare altrettanto? Nessuno, naturalmente, tantomeno Beppe Grillo, spiega ai napoletani e ai valdostani che il loro rifiuto di modernità e la loro fuga dalle responsabilità si scarica sulle spalle di tutti gli italiani. E, quindi, anche sulle loro spalle. Ma che importa, se poi si può festeggiare in piazza la vittoria contro l’inquinamento (e contro se stessi)?


di Arturo Diaconale