mercoledì 14 novembre 2012
Dopo la smentita ufficiale di martedì, anche ieri autorevoli esponenti dell'esecutivo – i sottosegretari Catricalà e Polillo, i ministri Giarda e Fornero – sono tornati a negare che in questo momento il governo stia pensando ad una nuova imposta patrimoniale o ad accrescere quelle esistenti. Imposte sul patrimonio, tra l'altro, il governo le ha già introdotte: sugli immobili, sui beni di lusso e sui conti deposito e titoli. E' assodato, dunque, che al “Financial Times Italy Summit” il presidente del Consiglio non abbia voluto annunciare alcuna nuova patrimoniale. Come interpretare, allora, le sue parole? Giocando un po' tra passato (quello che avrebbe voluto fare ma non ha potuto) e futuro («siamo all'inizio del lavoro») dell'azione di governo, Monti ha spiegato che non ha introdotto una patrimoniale «generalizzata», e non ha intenzione di introdurla ora, non perché sia contrario in linea di principio, ma semplicemente perché non ha gli strumenti tecnici per “scovare” le ricchezze evitando una fuga dei capitali dall'Italia che metterebbe al tappeto la nostra economia. Lascia tuttavia intendere che se li avesse...
La materia è molto delicata. Il debito delle famiglie in Italia è salito fino al 50% del reddito, mentre il risparmio è sceso ai minimi storici, al di sotto della media europea. Ciò significa che gli italiani per far fronte alla crisi stanno già intaccando il loro patrimonio, accumulato con parsimonia nel corso dei decenni. Oggi i depositi bancari valgono circa 1.400 miliardi di euro, il 70% del debito pubblico, e tengono letteralmente in piedi le banche. Se anche solo una parte fosse indotta alla fuga da una serie di annunci o da un chiacchiericcio, anche privi di seguito, le banche troverebbero difficoltà ancora maggiori delle attuali a finanziare imprese e famiglie, si aggraverebbe il “credit crunch”, determinando un'ulteriore contrazione della nostra economia e, dunque, la crescita del debito: un avvitamento diabolico.
È dunque un irresponsabile, il premier, a parlare così alla leggera di patrimoniale? Ha voluto in qualche modo sdrammatizzare e “deideologizzare” il dibattito sul tema, osservando che imposte patrimoniali esistono in molti paesi «estremamente capitalisti». Vero, ma ciò che ci si dimentica sempre di aggiungere, e nemmeno al professore è tornata in mente, è l'altra metà della verità: in quei paesi «estremamente capitalisti» dove è considerevole la tassazione sul patrimonio, è allo stesso tempo di molto inferiore alla nostra l'imposizione sui redditi personali, sul lavoro e sull'impresa. La logica, insomma, è quella di penalizzare i capitali “immobilizzati” e le rendite come incentivo indiretto ad investirli nelle attività produttive. In Italia, invece, le patrimoniali introdotte negli ultimi due anni, prima dal governo Berlusconi-Tremonti, poi dal governo Monti, sono servite a tappare i buchi dello Stato spendaccione.
Un rapporto della Corte dei Conti attesta che nell'ultimo anno, soprattutto con l'introduzione dell'Imu, nella quota di gettito derivante dall'imposizione sui patrimoni siamo passati da una posizione leggermente al di sotto della media europea al secondo posto tra i paesi Ue, preceduti solo dalla Francia, mentre manteniamo saldamente le primissime posizioni nel prelievio su redditi da lavoro e da impresa. Dunque, abbiamo esaurito ogni margine di aumento di imposte anche sul lato patrimoniale. Se vogliamo ridurre la pressione su lavoro e impresa per stimolare la crescita non è ai patrimoni che dobbiamo puntare, perché rischieremmo la fuga dei capitali, ma alla spesa pubblica ancora elefantiaca.
Sarà stata una «discussione teorica» quella di Monti, ma non per questo priva di significati politici. Basta aver visto, su Sky, il dibattito tra i candidati alle primarie del centrosinistra per sapere che tutti – tranne Renzi – propongono una qualche forma di patrimoniale: dalla versione «dolce» di Tabacci all'«imposta personale sui patrimoni» di Bersani, passando ovviamente per Vendola. A pochi mesi dal voto, con un centrodestra frammentato e i sondaggi che danno in vantaggio l'alleanza Pd-Sel, con il vento in poppa delle primarie, non si può escludere che Monti abbia voluto mandare un messaggio distensivo al centrosinistra possibile vincitore delle elezioni. Sta forse offrendo la patrimoniale «generalizzata» che, confessa oggi, avrebbe sempre voluto introdurre, per ottenere l'appoggio di Pd e Sel ad un suo bis a Palazzo Chigi? Davvero Monti pensa che non faccia alcuna differenza quale coalizione troverà a sostenerlo? E davvero si crede intercambiabile, un premier buono per qualsiasi maggioranza?
di Federico Punzi