Cosa servono le primarie all’italiana?

venerdì 9 novembre 2012


Negli Stati Uniti le primarie non servono solo a scegliere i candidati premier del Partito Democratico e del Partito Repubblicano. Svolgono anche un ruolo di fondamentale importanza in vista della successiva campagna elettorale presidenziale. Quello di rimettere in moto la macchina dei partiti risvegliando gli entusiasmi dei militanti e dei simpatizzanti e di tornare a riaccendere l’attenzione dell’opinione pubblica “riscaldando” il clima politico del paese nella prospettiva del crescendo conclusivo del voto per il Presidente.

Applicate nel nostro paese, le primarie americane assumono un aspetto diverso. Nel Pd colgono l’obbiettivo di accendere l’attenzione dell’opinione pubblica ma diventano l’occasione di una conta del tradizionale apparato interno del partito. Pierluigi Bersani ha preannunciato che ai gazebo andranno a votare uno o due milioni di persone. Cioè il numero chiuso e costante degli iscritti della Cgil e dei militanti inquadrati nei gruppi che fanno capo all’attuale gruppo dirigente vicino al segretario. Cioè la vecchia guardia inamovibile del popolo della sinistra ortodossa a cui non si aggiungerà, a causa delle regole adottate per non favorire lo sfidante Matteo Renzi, la presunta gente nova del sindaco di Firenze. In pratica, quindi, le primarie del Pd serviranno solo ad incoronare candidato premier Pierluigi Bersani, a ricontare  e ricompattare i fedelissimi di sempre  ed a creare una frattura, probabilmente incolmabile, tra questi ultimi ed i sostenitori esterni del corpo estraneo Matteo Renzi.

Addirittura peggiore è invece l’effetto generale che l’adozione delle primarie rischia di provocare al Pdl. Perché nel partito berlusconiano non c’è una vecchia guardia inquadrata in inesistenti organizzazioni sindacali collatelari da rimobilitare ma solo pacchetti di tessere vuote che non producono entusiasmi di sorta. E soprattutto perché nessuno tra vecchi elettori ed i vecchi simpatizzanti del Pdl (quelli che avevano portato il partito a superare il 35 per cento dei consensi nelle passate elezioni) si sente coinvolto in una operazione che appare diretta esclusivamente a confermare dal basso  il ruolo già ottenuto dall’alto dal segretario Angelino Alfano. Il tutto in un clima di sostanziale smobilitazione dei quadri dirigenti e nel timore generale di celebrare un rito inutile per un partito che a dicembre potrebbe essere addirittura essere scomparso e sostituito da due o più liste diverse.

È molto difficile, allora, che le primarie del Pdl possano diventare uno stimolo per la ripresa ed il rilancio del partito. Ed è quasi certo che non riescano ad accendere l’attenzione dell’opinione pubblica risvegliando gli entusiasmi sopiti di un popolo del centro destra che non è solo deluso per il declino del berlusconismo ma che è anche frastornato dai segnali di impotenza e di contraddittorietà che vengono giornalmente dai massimi dirigenti del partito.

Sia per il Pd , sia per il Pdl, quindi, le primarie rappresentano un pericolo e non una opportunità. Il ché può far riflettere sullo sfaldamento in atto del modello dei partiti della Seconda Repubblica ma non può provocare l’interruzione di una corsa ormai avviata.

Ognuno si affretti a celebrare il più celermente possibile le proprie primarie. Ma con l’idea della riduzione del danno e non con la pretesa di imitare Obama!


di Arturo Diaconale