giovedì 1 novembre 2012
L’ultimo arrivato nel toto-nomi per le primarie del Pdl è l’ex ministro dell’economia Giulio Tremonti, che starebbe prendendo in seria considerazione l’idea di farsi avanti, nonostante il suo progressivo allontanamento dal partito – a cui però è ancora iscritto – e il recente lancio di un nuovo soggetto politico. A prescindere dal giudizio sul suo operato a via XX Settembre, trattandosi di primarie “aperte” la sua non sarebbe una candidatura da sottovalutare, come una mera operazione nostalgia. L’ex ministro, infatti, ha ancora dalla sua molte simpatie nel mondo leghista e rappresenta una voce anti-montiana, però dalla postura non “popolana”, bensì intellettuale, razionale, istituzionale, che può avere una certa presa sul malcontento dell’elettorato pidiellino. Comprensibile che possa suscitare un certo fastidio, ma sarebbe un errore da parte del Pdl respingere o intralciare o snobbare la candidatura dell’ex ministro, che invece dovrebbe essere vissuta dal partito, così come dagli altri candidati – Alfano su tutti, ancora alla ricerca del famoso “quid” – come un’occasione da non gettare al vento. Innanzitutto, perché la partecipazione di Tremonti aiuterebbe a scongiurare che vengano liquidate dai media come primarie-farsa al solo scopo di ri-legittimare un Alfano molto debole. Al segretario conviene misurarsi con avversari di un certo spessore, sia intellettuale che politico, piuttosto che recitare la parte del nome su cui converge tutto l’establishment del partito e svilire la propria immagine in dibattiti con candidati improbabili. Deve quindi sperare che avanzino la loro candidatura personaggi di peso, perché più la competizione apparirà vera, più cittadini si convinceranno ad andare alle urne, più forte sarà la legittimazione del vincitore. Ma c’è un altro vantaggio, specifico, nella candidatura di Tremonti. Offrirebbe, infatti, al Pdl l’occasione per fare i conti con gli errori della precedente esperienza di governo senza coinvolgere il fondatore Berlusconi come bersaglio polemico, e per un esame di coscienza, per far emergere l’identità, l’anima “economica” prevalente nel partito, nel quale ancora oggi che non è più al governo e che Tremonti non è più ministro, rispetto ai provvedimenti del governo Monti convivono una linea, a parole, anti-tasse e anti-spesa, e nei fatti rigurgiti statalisti, assistenzialisti e corporativi.Gli altri candidati, e Alfano in primis, non potrebbero sottrarsi al dibattito con Tremonti sui temi economici e avrebbero quindi modo di caratterizzarsi, per analogia o contrasto rispetto all’operato e alle proposte dell’ex ministro, per la loro visione di politica economica. Il che, altrimenti, rischierebbe di non avvenire nei termini puntuali e concreti indispensabili se si vuole avere qualche chance di riavvicinare gli elettori delusi del centrodestra.
di Federico Punzi