domenica 7 ottobre 2012
Volendo raccontarla come stessimo giocando con i soldatini in salotto, la settimana del Pdl sarebbe più o meno questa: i colonnelli (e anche il generale) annunciano il “rompete le righe” e la divisione in più battaglioni. L’esercito, invece, sembra continuare a prediligere l’Armata Unica. Nei giorni in cui la scissione tra ex An ed ex Forza Italia appare ormai ineludibile, Spincon ha posto agli italiani il quesito che agita i sogni dei maggiorenti di via dell’Umiltà: «Alle prossime elezioni gli esponenti politici provenienti da Forza Italia e Alleanza Nazionale dovrebbero restare insieme nel Pdl o presentarsi di fronte agli elettori in due partiti distinti?».
Ancora una volta i dirigenti pidiellini si dimostrano poco in sintonia con il loro popolo. L’opzione «marciare divisi per colpire uniti» affascina il 32,2% di chi si dichiara elettore del Pdl, mentre un consistente 50,7% chiede ai vertici di proseguire insieme nonostante le ormai evidenti difficoltà. Il 17,1% degli intervistati, invece, non ha alcuna opinione in merito. Sarebbe interessante - e magari potrebbe essere materia di un prossimo focus in merito - comprendere da dove arriva quel 32% circa di “scissionisti”.
L’impressione, anche guardando lo storico di altri sondaggi, è che le provenienze storiche (ex An, ex Forza Italia, ecc) finiscano per non essere il fattore determinante. Nelle diverse correnti interne al movimento berlusconiano, convivono falchi e colombe: i primi schierati a difesa di un orticello piccolo ma ben definito, i secondi convinti che l’approccio fusionista sia quello migliore per dare al centrodestra italiano una forma (e una sostanza) presentabile. Percentuali più o meno analoghe si riscontrano tra gli tutti elettori del centrodestra (Pdl, Lega, La Destra, Altri partiti di centrodestra).
Il 46,2% preferisce un partito unito mentre il 35,8% ritiene più efficace la strada di una separazione. Su questo dato pesa certamente l’orientamento di molti elettori de La Destra di Francesco Storace che non fanno mistero di guardare con interesse ad una possibile aggregazione di tutte le destre italiane, magari con una spiccata narrativa anti-montiana e capace di replicare le buone performance registrate in altri paesi europei. Il modello potrebbe essere quello di Marine Le Pen e del suo Front National.
di Simone Bressan