L'autorottamazione del centrodestra

venerdì 5 ottobre 2012


Matteo Renzi dice di voler “rottamare” il Pd. Ma corre il pericolo di essere a sua volta “rottamato” prima ancora di giocare la partita per la premiership da un gruppo dirigente post-comunista del proprio partito pronto a fare carte false pur di rimanere al proprio posto con Pierluigi Bersani. Viceversa, sul versante opposto, il caso Fiorito della Regione Lazio, che inizialmente sembrava una vicenda di semplice ruberia personale, si è trasformato in una valanga politica che ha di fatto realizzato all’interno del centro destra quella rottamazione che Renzi vorrebbe provocare nella sinistra.

Questa rottamazione riguarda solo il gruppo dirigente del Pdl della regione guidata fino alla scorsa settimana da Renata Polverini? No di certo. L’inconsapevole rottamatore Fiorito non si è limitato a fare piazza pulita dei colleghi laziali senza deroghe o distinzioni di sorta, ma ha creato le condizioni per una vera e propria rivoluzione nei criteri di selezione del personale politico dell’area moderata. Sia a livello locale che a livello nazionale.

Il paradosso, dunque, è che a sinistra si predica un cambiamento che non potrà essere realizzato per le resistenze strenue del vecchio gruppo dirigente mentre a destra, dove non è mai spuntato un Renzi capace di chiedere il ritiro delle vecchie glorie, l’azzeramento dei gruppi dirigenti avviene di fatto grazie allo tsunami mediatico-giudiziario.

È facile preventivare le conseguenze di questo singolare paradosso. A sinistra, come ha rilevato Walter Veltroni, il Pd rischia una rovinosa scissione. A destra il Pdl non rischia solo di spaccarsi di due tra ex An ed ex Forza Italia, ma appare di fatto risucchiato in un buco nero che qualcuno dovrà pure colmare in qualche modo.

I tempi della crisi della sinistra sono lunghi. A destra, invece, i tempi della crisi sono immediati. Le elezioni nel Lazio ed a Roma sono alle porte. Rappresentano la prova generale di quelle nazionali immediatamente successive. E il buco nero provocato dalla rottamazione del Pdl va colmato subito. Ma come, e con chi? La risposta non è nei nomi. Tutti quelli che vengono pronunciati in queste ore appaiono assolutamente inadatti a risolvere il problema. Non perché incapaci, ma perché espressione di una classe politica che agli occhi della maggioranza dell’elettorato del centrodestra va considerata comunque corresponsabile del fallimento evidenziato con il caso Fiorito. La risposta, allora, è nel tipo di nuova e diversa proposta politica che può essere offerta per colmare il buco nero della delusione che conduce gli elettori del centr destra non verso sinistra, ma verso la protesta e l’astensione.

Qualcuno ipotizza lo spacchettamento del Pdl. Cioè la rinascita di An, quella di Forza Italia e la formazione di una sorta di federazione tra questi due soggetti distinti, distanti ma alleati loro malgrado. Ma basta uno spacchettamento, reso difficile dalle divisioni e dalle faide che lacerano sia gli ex An che gli ex Fi, a dare vita ad una soluzione che diventerà necessariamente la prova generale delle elezioni nazionali?

La risposta è ovviamente negativa. Lo spacchettamento in due tronconi litigiosi non porta ad alcuna federazione, ma solo alla dissoluzione. Per cui, visto che il rilancio del Pdl così com’é appare del tutto improponibile, non rimane che ipotizzare la formazione di una federazione aperta, ed in cui la presenza dei vecchi spezzoni di classe politica sopravvissuta allo tsunami rottamatore di Fiorito risulti bilanciata ( ma meglio sarebbe marginalizzata) da una rappresentanza qualificata di quel tessuto di società reale che in questi anni è stata volontariamente e spesso brutalmente tagliata fuori dai professionisti (rivelatisi incapaci) della politica.  

Non si tratta di affiancare alle sigle tradizionali quelle di qualche lista civica fiancheggiatrice formata dai nomi tratti dalle cronache mondane. Si tratta dell’esatto contrario. Cioè di ripartire dalla società aperta piuttosto che dalle caste chiuse che si sono autorottamate. Qualcuno direbbe : «secondo lo spirito del ‘94!». Chiaro!


di Arturo Diaconale