Polverini, l'emblema della fusione fallita

mercoledì 26 settembre 2012


Molti pensano che alle radici della crisi della Regione Lazio e delle dimissioni di Renata Polverini ci sia la mancata presentazione della lista del Pdl di Roma alle ultime elezioni. Da quell’episodio sarebbe nata la valanga che si è scatenata in questi giorni. Al punto che qualcuno torna ad ipotizzare che anche quella mancata presentazione possa essere stata la conseguenza della lotta sorda ingaggiata da gruppi contrapposti di ex An ed ex Forza Italia. Cioè della faida interna a cui la presidente ha attribuito la causa dello sconquasso.

Ora è sicuramente vero che la mancata presentazione della lista, con tutte le conseguenze che ha comportato (la prima è stato l’ingresso alla Pisana di personale politico scadente ed improvvisato), possa aver costituito una delle cause dello sfacelo attuale. Ma commetterebbero un clamoroso errore i dirigenti del Pdl se dovessero pensare che basterà presentare una lista corretta alla prossime elezioni per evitare il pericolo di future crisi. Perché la ragione più profonda e reale del disastro è la natura anomala del Pdl, partito formato dalla fusione non riuscita di due soggetti diversamente tarati ma perfettamente saldati dalla volontà di formare una casta chiusa ed impermeabile rispetto ai propri elettori.

La tara genetica degli ex An è quella del correntismo esasperato, ereditata dal Msi e dalla Prima Repubblica e diventata progressivamente talmente forte da apparire addirittura come un tratto identitario. La corrente di Alemanno, quella di Rampelli, quella di Gasparri e La Russa, quella di Matteoli. Ognuna con una propria squadra impegnata soprattutto a lottare in primo luogo contro le squadre delle altre correnti e poi con i gruppi personalistici dell’ex Forza Italia. La tara genetica di questi ultimi è addirittura peggiore del correntismo post-missino, che perlomeno poggia su un qualche lavoro collegiale. È la pretesa dei cortigiani e dei nominati di essere leader territoriali costruendo un partito a propria immagine, cioè solo di cortigiani e di nominati. Al punto di superare il vecchio modello correntizio e realizzare un modello di cosche al servizio esclusivo del proprio capo-bastone che a livello nazionale è nobilitato dalla presenza di un leader vero e naturale come Berlusconi ma che a livello locale produce solo guerra perenne tra mezze calze per la conservazione dei propri privilegi.

Il correntismo degli ex An e la lotta continua tra le mezze calzette degli ex Fi, come si è detto, ha avuto una sola e ferrea volontà comune. Quella di tenere ben separato il Pdl dal proprio elettorato. Per evitare che le spinte proveniente dalla base, un tempo potenti e vivificatrici, potessero in qualche modo influenzare e condizionare i giochi di potere chiusi della casta blindata.

Renata Polverini, forte di un'investitura popolare straordinaria anche grazie alla mancata presentazione della lista del Pdl a Roma, avrebbe potuto favorire il superamento delle tare genetiche e rappresentare il potente fattore d’apertura del partito al proprio corpo elettorale. Ma, condizionata dalla propria storia e dalla propria esperienza sindacale, ha usato quella investitura popolare non per rompere la casta ma per irrompere nel gioco interno della casta stessa con una propria corrente impegnata a combattere sugli stessi terreni degli ex An e degli ex Fi.

Ricostruire su queste macerie appare una impresa disperata. Forse è arrivato il momento che l’elettorato del centrodestra torni ad essere protagonista e faccia piazza pulita dei mandarini irresponsabili! Senza sconti per nessuno!


di Arturo Diaconale