Il Cav e la democrazia dell'alternanza

martedì 18 settembre 2012


Il destino del Cavaliere è quello di polarizzare la vita pubblica italiana. Silvio Berlusconi ancora non ha ancora deciso se tornare a candidarsi alla guida del paese ma già le sue parole, pronunciate nel corso della crociera de Il Giornale, ricominciano a dividere a metà la scena politica nazionale.

Chi dava per tramontato il leader del Pdl e assicurava che il suo declino era ormai irreversibile scopre oggi che quei giudizi erano privi di fondamento. Può essere benissimo che se il Cavaliere tornerà a galoppare alla testa del Pdl gli elettori non lo premieranno come in passato. Ma è assolutamente certo che la campagna elettorale con lui in campo si svolgerà con il vecchio schema bipolare del passato.

Può apparire paradossale che nel momento in cui i partiti stanno trattando sul ritorno al sistema proporzionale destinato ad archiviare il bipolarismo bastardo della Seconda Repubblica, lo schema bipolare riprenda a scattare come se nulla fosse successo negli ultimi due anni. Ma tant’è. Chi pensava che fosse ormai arrivato il tempo di superare l’alternativa tra destra e sinistra con il ritorno all’egemonia della sinistra nascosta sotto lo schema della consociazione da anni ‘70 tra moderati post-democristiani e progressisti post-comunisti, deve ammettere di aver sbagliato. I fatti parlano chiaro: il Cavaliere esterna e l’intera politica italiana non può fare a meno di rapportarsi in qualche modo, negativo o positivo che sia, alle sue parole.

Fino all’altro ieri la politica nazionale sembrava una questione esclusiva del Partito Democratico. I temi dominanti erano la sfida di Matteo Renzi al segretario Pierluigi Bersani e le alleanze che il vincitore di questa sfida avrebbe dovuto o potuto realizzare prima e dopo le elezioni. Il voto di primavera, comunque, sembravano una semplice formalità diretta a consegnare immancabilmente il paese agli eredi del vecchio Pci affiancati dagli eredi di una parte della vecchia Dc. La stessa discussione sulla riforma elettorale sembrava una sorta di corollario fastidiosamente necessario della ineluttabilità del ritorno dell’egemonia politica e culturale della sinistra in Italia.

La riapparizione del Cavaliere ha mandato all’aria il monopolio su cui il segretario del Pd Bersani poggiava la sua assoluta certezza di essere comunque destinato a guidare il paese con il concorso ininfluente del cespuglietto casiniano e nell’assenza di una opposizione post-berlusconiana delegittimata ed una opposizione grillina criminalizzata.

Invece la sortita di Berlusconi ha riaperto la partita. Ha fatto saltare lo schema del monopolio del Pd   ed ha reso evidente che la campagna elettorale non sarà dominata dalle foto che Bersani si fa facendo in giro per l’Italia con quelli che di volta in volta dovrebbero essere i suoi alleati-vassalli, ma da un confronto aperto tra due schieramenti alternativi ed antagonisti.

I nostalgici della democrazia della consociazione hanno tutte le ragioni per dolersi di un accidente che manda all’aria la loro speranza di restaurazione. Ma chi crede che quel modello di democrazia non debba essere in alcun caso riesumato ha, invece, un ottimo motivo per rallegrarsi per l’irruzione del Cavaliere. Quest’ultimo avrà pure tutti i difetti possibili ed immaginabili. Ma ha un merito che li mette in secondo piano. Quello di imporre con la propria presenza la regola della democrazia dell’alternanza. Per questo non è solo auspicabile, ma è addirittura necessario che Berlusconi prenda parte alla campagna elettorale. Non è un problema di partito, ma di corretto funzionamento del sistema democratico! 


di Arturo Diaconale