Monti e l'irrisolta questione nazionale

sabato 14 luglio 2012


Il pensiero unico politicamente corretto ha parlato. Ed ha sentenziato che se mai Silvio Berlusconi dovesse riscendere in campo alla guida del centro destra alle prossime elezioni, le Cancellerie europee avrebbero un’arma in più contro il nostro paese e gli speculatori internazionali andrebbero a nozze giocando sul rialzo perenne dello spread.

Il puntello di una sentenza del genere è stata l’affermazione di Mario Monti secondo cui al G20 di Cannes l’Italia, allora rappresentata da Silvio Berlusconi, subì un trattamento ai limiti dell’umiliazione. Al punto che il presidente del Consiglio dell’epoca, benché non sfiduciato dal Parlamento, fu costretto a gettare la spugna ed a preparare il terreno alla formazione del governo tecnico voluto dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e realizzato da Mario Monti.

La sentenza del pensiero unico politicamente corretto, in realtà, è stata la reazione immediata ed istintiva all’annuncio della possibile decisione di Berlusconi di tornare a guidare in prima persona la prossima campagna elettorale del Pdl. Dovendo commentare la faccenda, i nemici del Cavaliere hanno preso a pretesto le battute di Monti per sviluppare l’argomento da campagna elettorale con cui contano si arginare l’ennesima discesa in campo berlusconiano. Cioè la tesi che l’Italia è danneggiata a livello internazionale dalla presenza sulla scena pubblica del leader del centro destra.

Si è trattato, allora, di una scontata strumentalizzazione elettoralistica. Ma il pensiero unico l’ha trasformata in una verità incontestabile, in un assioma che non ha bisogno di dimostrazione di sorta. A conferma, però, che è proprio questo pensiero unico che blocca ogni forma di analisi e discussione a costituire la vera gabbia di ferro in cui è rinchiusa la società italiana senza alcuna possibilità di respirare in maniera libera ed autonoma. 

In un paese privo di una cappa intellettuale così angusta e schiacciante le parole di Monti avrebbero dovuto innescare un ben diverso dibattito. Incentrato sulla considerazione che l’umiliazione al G20 di Cannes aveva come pretesto immediato la presenza di Berlusconi ma come obbiettivo di fondo quella della marginalizzazione dell’Italia e della definitiva cancellazione della sua sovranità e dignità. 

Senza il pensiero unico, che è poi il frutto del vizio storico che rispunta nel nostro paese nei grandi momenti di crisi di aggrapparsi allo straniero di turno per meglio colpire il nemico interno, si sarebbe dovuto prendere atto che il processo di umiliazione e marginalizzazione del nostro paese è partito molto prima delle famose risate di Sarkozy e della Merkel all’indirizzo del Cavaliere. Ha fatto la sua apparizione ufficiale sulle scena europea con la guerra di Libia scatenata dall’allora presidente francese non per liberare Tripoli da un despota ma per strappare all’Italia ed assicurarla alla Francia l’importante risorsa energetica e geopolitica della vecchia “quarta sponda”. Ma risale sicuramente a molto prima. Ed in particolare alla sostanziale rinuncia della sovranità nazionale manifestata per alcuni decenni da parte delle classi dirigenti del nostro paese non per contribuire a costruire gli Stati Uniti d’Europa ma solo una super-struttura burocratica destinata ad accentuare i vizi lottizzatori ed assistenzialistici nazionali.

Le parole di Monti, in altri termini, in un paese intellettualmente non ingessato, avrebbe dovuto sollevare un grande dibattito non su Berlusconi (che peraltro ha la colpa di non aver reagito adeguatamente alla guerra di Libia anti-italiana scatenata da Sarkozy) ma sulla questione nazionale. Perché, e va dato atto al presidente del Consiglio di averlo capito e di averlo anche indicato con chiarezza, se non si risolve la questione nazionale non si esce dalla crisi.


di Arturo Diaconale