mercoledì 13 giugno 2012
Naturalmente, hanno tutti le loro buone ragioni. Naturalmente, le Iene sono quelle che sono e l'irrisione è il loro (ri)costituente insieme alla irruzione. Naturalmente uno come Barbareschi che è pure lui quello che è, ha il sacrosanto diritto a dirigere, a produrre e a recitare film/fiction essendo, peraltro, uno serio e preparato, sia come regista che come attore.
Ma è anche un politico, un onorevole, dice il pubblico onnivoramente anticastale della tv, e dunque, diamogli contro, andiamo a rompergli le scatole insieme alle Iene. Le quali, lo sappiamo bene, hanno, o meglio avevano, come mission -lo spiega la parola stessa secondo l'accezione dalemiana delle "iene dattilografe" rivolte ai giornalisti - di mescolare l'intrattenimento con un giornalismo d'assalto inteso come cane da guardia che vigila sul potere e i potenti in funzione di supplenza dell'informazione seria sempre più omologata.
Così si definivano originariamente le creature dello show della Ventura e, soprattutto, di Lucci, divenuto via via sempre più incalzante e cattivo. E un tantinello invadente. Cosicché, la loro ultima performance, è degna davvero di una scena altamente simbolica dello scontro all'interno dello show-Italia, con qualche pestaggio, una telecamera rotta - da Barbareschi, dicono le Iene - e un sequestro di persona, dice Barbareschi. Siccome il guaio nella vita è che tutti hanno le loro buone ragioni, ci tocca vedere un po' più da vicino come sono andate le cose, partendo da un falso principio, purtroppo sempre più in voga, che un politico in quanto tale è uomo pubblico e quindi non deve sottrarsi mai al cane da guardia dell'informazione o infotainment.
A questo falso principio, peraltro, si attengono molti politici di oggi che hanno assistito, spesso applaudendo, alle loro sistematiche irrisioni compiute da comici di vario spessore ai quali sono affidate le stesse copertine di show nei quali i protagonisti, cioè loro stessi, vengono, già prima che inizino il loro dire svolgendo un pensiero ragionato, parodiati con grasse risate del pubblico: e l'audience si impenna. Cosicché, da un ventennio e forse più, si è assistito ad un letterale capovolgimento dei ruoli di modo che la politica è stata sussunta dai comici in nome della satira.
Mentre i politici, sempre in suo nome, sono diventati l'oggetto delle derisioni, facendo così scomparire la ragione stessa della politica. Da lì a dire che tutti i politici sono ladri, il passo è stato breve, tanto più che i rappresentanti della volontà popolare hanno messo molto del loro, col risultato di un'antipolitica talmente distruttiva da porre nel suo sito privilegiato, nel suo slogan più vero, nella sua filosofia più applaudita una sola parola, un motto, un perentorio invito: vaffanculo! Altro che il guru capellone, l'esperto di comunicazione, i sofisticati programmi grillini.
Certo, le Iene non sono Grillo e almeno per ora, non hanno per obiettivo "politico" i processi in piazza ai politici, tutti, che hanno rubato e che dunque vanno trascinati a Norimberga, come i nazisti di Goering e Von Keitel. E chi dice questo non si accorge di ragionare come un nazista o uno squadrista. Ma è fuori di dubbio che anche in quella loro irruzione in un set di lavoro, luogo peraltro giustamente inaccessibile agli estranei, dove Barbareschi sta girando un film e dove non erano stati invitati né erano graditi, c'è un'ombra inquietante, un vago sospetto che sia stata varcata una soglia preoccupante: prendendo come pretesto la politica e il solito antidoto del cane da guardia. Cui tutto è permesso. Così fan tutti, dicono "le Iene", persino le inviate prezzemoline di trasmissioni veteroceloduriste con relativi inseguimenti di politici braccati, costretti a rifugiarsi nei bagni. E così infatti è capitato a Barbareschi, finito, secondo il suo racconto, in quel luogo proibito, riservato e discreto. E ivi assediato e come si dice, mobbizzato.
di Paolo Pillitteri