Governo tecnico incapace a far di conto

sabato 9 giugno 2012


Se la luna di miele del paese con il governo si consuma con progressione inquietante il presidente del Consiglio non si preoccupa. Se cresce l'inquietudine di settori sempre più larghi dell'opinione pubblica il Capo del governo non si turba. Se le tensioni sociali aumentano, le sedi dell'Agenzia delle Entrate debbono essere presidiate e quelle di Equitalia appaiono assediate, il responsabile dell'esecutivo non fa una piega e non si lascia minimamente distogliere dal compito che si è prefisso. Ma se due colleghi del mondo accademico dalle colonne del Corriere della Sera gli muovono alcune critiche, Mario Monti si picca e reagisce lamentando la perdita di sostegno dei cosiddetti "poteri forti".

La reazione del professore non stupisce. È il frutto di quella deformazione professionale dei massimi cattedratici italiani che sono da sempre abituati ad ignorare il mondo esterno e a preoccuparsi seriamente solo delle polemiche con i colleghi. D'altro canto le caste chiuse funzionano in questo modo in ogni parte del mondo. Ed è del tutto normale che Monti rimanga imperturbabile di fronte ai sondaggi che lo danno in calo e s'innervosisca se gli amici economisti Alesina e Giavazzi criticano l'operato del governo.

Ciò che stupisce, semmai, è che né Monti né una parte considerevole del mondo politico non si rendano conto del significato reale della concomitanza tra la crescita delle tensioni nell'opinione pubblica del paese e le critiche all'operato del governo da parte di chi viene considerato "espressione" dei "poteri forti". Questo significato non è solo che il governo tecnico si stia progressivamente indebolendo e che il rischio di elezioni anticipate in autunno diventi meno improbabile di quanto si poteva pensare. È soprattutto che l'esperienza dei tecnici al governo si sta progressivamente esaurendo dimostrando che l'alternativa ad una classe politica considerata superata e delegittimata, non può essere costituita dalla classe dei professori, dei grandi burocrati, dei banchieri e degli esperti di ogni genere e grado.

Il governo di Monti sorretto dalle tre maggiori formazioni politiche italiane rischia di passare alla storia non come l'esecutivo che avrebbe dovuto rimettere i conti in ordine o ridare credibilità internazionale all'Italia. 

Ma come quello dei tecnici che hanno  sbagliato i conti sugli esodati e non hanno saputo indicare con esattezza agli italiani quando debbono pagare entro il 18 giugno per la prima rata dell'Imu. E se i tecnici non sanno fare i tecnici, come direbbe Totò, che tecnici sono?

La sensazione che il nervosismo di Monti rappresenti la spia inconsapevole del fallimento della formula inventata da Giorgio Napolitano per fronteggiare l'emergenza apre uno scenario inatteso. 

Chi pensava che nella prossima legislatura Monti potesse succedere a se stesso per dare il tempo alla classe politica di rigenerarsi deve rivedere le sue previsioni. Se anche l'alternativa dei tecnici è bruciata, la palla ripassa alla politica che è costretta a trovare una diversa soluzione che non può essere quella del semplice ritorno al passato. 

Ma quale? L'aria che tira ipotizza la nascita di liste civiche personalizzate accanto a quelle dei grandi partiti. Dopo quella di Grillo, anche quella di Saviano a sinistra vicino al Pd. Quelle della Santanché, della Brambilla e di Sgarbi a destra a fianco del Pdl. L'auspicio, di fronte a queste voci, è quello degli antenati contadini di fronte alle avversità: "Gesù, non peggio!".


di Arturo Diaconale