Al nord è la somma che fa il totale

mercoledì 23 maggio 2012


Sulle macerie fumanti di quello che fu il Pdl più Lega si inanellano le più disparate analisi. Prevale, dentro i boss del Pdl del Nord, una consolatoria giustificazione esemplificata dalla Gelmini, secondo cui la debacle deriva soprattutto dalla scelta dei candidati. Come se una come lei, che di Lombardia se ne intende, non c'entrasse con la scelta dei candidati. Chi ha girato le spalle alla destra, proprio nei luoghi del berlusconismo storico, non soltanto ha detto di no ai candidati ma ha rifiutato in blocco la classe dirigente del Pdl: andate a casa! Messaggio che ben difficilmente sarà accolto data la vischiosità e la quasi impossibilità tecnica, organizzativa, politica di un radicale ricambio. Che partito non è, appunto. Per non parlare della Lega che perde in quel territorio di cui sembrava la sindacalista pura e dura e dal quale è stata in gran parte cacciata da un elettorato su cui il fuoco degli scandali ha compiuto un incendio che pure era iniziato da tempo, da quando entrò in crisi la stagione berlusconiana ai cui due simboli, Berlusconi e Bossi, ben s'addice(va) il fatale simul stabunt, simul cadent. Con la differenza che l'area elettorale leghista è ristretta mentre quella del Cav è nazionale e molto più estesa. Ma le macerie restano e incideranno sul futuro del Paese anche perché, checchè se ne dica, l'unico partito che si difende, salvo le eccezioni che ben conosciamo, da Genova a Palermo a Parma, è il Pd di Bersani, partito che, a differenza della Lega non solo tiene, rispetto agli scandali, ma in alcuni casi vince, come a Sesto San Giovanni nonostante il caso Penati. 

Un Pd che, forte del risultato di oggi pone un'ipoteca sulle politiche del 2013 nella quali, tra l'altro, la sinistra sarà agevolata sia dal sistema elettorale attuale - il più probabile data la cecità dei partiti che ben conosciamo - sia dal doppio turno alla francese sia da quant'altro. Forse solo il proporzionale con sbarramento servirebbe. In questo quadro lo stesso Casini sembra riporre le speranze di un tempo, quando fioriva l'illusione di una grande conferma centrista oltre la crisi del berlusconismo. Ignorando, però, insieme a un Fini di certo più "irresponsabile" di lui, che con Berlusconi entrava in crisi una intera politica di centrodestra di cui lui stesso era stato interprete per anni. Ma il dato del Nord, così secco e dunque eloquente nelle cifre e nei "cappotti" in molte città da sempre di destra (Monza, Como, Legnano, ecc.), offre una chiave di lettura ulteriore se guardiamo all'altro fenomeno nelle urne, ovverosia l'astensionismo. Ma, attenzione, un astensionismo che ha punito soprattutto il centrodestra e la Lega e che ci racconta, in tutto il Nord,per non dire dell'eccezionale caso di Genova dove ha votato meno del 40 per cento degli elettori (e l'aristocratico gauchista Doria ne rappresenta il minuscolo 20 per cento), del rifiuto non meno secco da parte della popolazione lombarda dell'offerta politica dell'intero centrodestra. Questo è il vero punto dolente. Chi li ha votati fino allo scorso anno - ma la sconfitta della Moratti significava la perdita  della città simbolo berlusconiana - ha deciso di rimanere a casa, di rifiutare una proposta politica (quale?), di alzare le spalle. Tanto, hanno detto, non cambia niente. Difficile dar loro torto, anche perché l'offerta politica del centro destra non si sa cosa sia e se ci sia, non solo per il florilegio di posizioni interne, ma per il disarmante vuoto di elaborazione, di proposte, di idee. Che cosa vuole il Pdl, che offre il suo gruppo dirigente, esausto e logoro? Quali progetti ha per il paese, a parte la nostalgia del potere e del governo che è sempre una pessima consigliera?Insomma, quale visione del paese propone, quale futuro, quali speranze? Forse votare disperatamente ai futuri ballottaggi e disperatamente per Grillo? Il quale sarà certo volgarmente semplicistico nel dire che i partiti sono tutti ladri, ma almeno ne offre uno, il suo, in cui l'elezione di un sindaco a Parma è costata seimila (6000) euro.


di Paolo Pillitteri