venerdì 11 maggio 2012
Inutile nasconderlo: il successo, ampiamente previsto, di Grillo
è netto, ed è politico. Grillo non è mai da imitare, sicuramente,
ma da analizzare, questo sì. Uno dei suoi segreti sta nel medium.
Non nel senso di Mac Luhan o di uno dei tanti suoi eponimi, fra cui
e in primis Berlusconi. Certo,Grillo è ovviamente un figlio della
tv e dunque un frutto di questo imponente traino elettorale che ha
fatto le fortune di tutti quelli che lo sanno usare, vedi il Cav,
appunto.I l segreto di Grillo, una delle molle del suo successo non
sta nell'uso della tv ma, semmai, nell'averla abbandonata. Ad un
certo punto scomparve dai teleschermi.
La sua è una tecnica al contrario, scaturita, casualmente, dalla
fatwa socialista negli anni '80, quando Grillo era uno dei pupilli
di Baudo, che non esitava a mostrarsi anticraxiano negli anni
del regno demitiano in Rai e non solo. Da allora ,la scelta di
Grillo di nascondersi dalla tv ma di farsi usare dagli altri in tv,
è stata per dir così la chiave d'accesso ad un'altra dimensione
che, lentamente ma inesorabilmente, è sfociata nella politica.
C'era stata, nel frattempo, un'altra fatwa, non meno latrice di
novità mediatiche o, per meglio dire, di comici-guru televisivi,
scoccata dall'allora premier a Sofia (il cosiddetto editto
bulgaro).
In quell'occasione il niet nei confronti di conduttori o comici,
tipo Santoro e Luttazzi, ebbe diversi effetti collaterali, fra cui
la nascita del conduttore politico garantito, nel senso che, mal
che gli andava, finiva in lista con l'opposizione come vittima
sacrificale degli editti bulgari. Ma soprattutto l'affermarsi
del satiro politico, del comico tv che può dire e fare ciò che
vuole perchè la sua è satira e, ormai, nessuna fatwa potrà
fermarlo, è stato uno degli elementi più significativi nella
politica televisiva italiana. Che è poi la polis tout court.
Lentamente ma insesorabilmente, il comico e il satirico, non meno
del conduttore unico delle coscienze, sono diventati il contraltare
berlusconiano e, in un certo senso, la risposta dell'opposizione
alla maggioranza utilizzando, e meglio, le stesse armi con cui il
Cav era andato al potere segnando una stagione della nostra
storia.
Ma Grillo è qualcosa di diverso dei comici e dei conduttori di cui
sopra. Non soltanto perchè la sua scomparsa dalla tv ha
coinciso con l'obbligo altrui di mostrarlo, ma anche e direi
soprattutto perchè la sua coerenza nell'insulto, la sua pervicacia
nell'attacco frontale, il suo menefreghismo evocante appunto lo
squadrismo d'antan alzando sempre di più il tiro in un crescendo di
lucida ossessione, ha riempito il vuoto che, mano a mano che
proseguiva il governo berlusconiano, rallentava fino a spegnersi la
spinta propulsiva della Lega.
Del resto, la stessa Lega, come Grillo, ottenne un enorme successo
senza alcun bisogno di tv, mentre molte delle sue esternazioni
violente e trucidamente volgari, risuonavano venti anni fa nel
vuoto di una politica sottoposta alla gragnuola dei colpi mediatico
giudiziari, esattamente come venti anni dopo si levano quelle di
Grillo, in uno stesso clima, ma a ruoli inversi per una Lega finita
ko sull'onda di scadali veri e inchieste mediatiche. Quando di dice
la nemesi.
C'è da aggiungere che Grillo, come ha ricordato Freccero che lo
conosce bene, ha avuto un maestro in un famoso comico satirico
francese, una sorta di caposcuola, Colouche, che molti anni fa si
era buttato nella satira politica con attacchi virulenti ad ogni
forma di potere istituzionale, attirandosi le ire della politica di
ogni colore, e finendo precocemente i suoi anni in un terribile
incidente. Quanto al boom di Grillo, ha in parte ragione Napolitano
a snobbarlo. Lui può farlo, ma la politica no di certo. Proprio
perchè Grillo è il problema e non la soluzione, spetta alla
politica risolverlo. Grillo è "il" problema per questa politica. Da
risolvere sicuramente non andandogli incontro, come ha fatto
maldestramente il Pdl lombardo, forse per lisciargli il pelo.Al
contrario, dimostri la politica, cioè l'Abc, di sfuggire ai
richiami dei grilli, di rifuggire dalla demagogia, dai salti nel
buio, dai contagi del male di Grecia. Si ricordino di Weimar.
di Paolo Pillitteri