Il problema è il finanziamento

mercoledì 11 aprile 2012


In merito allo scandalo che sta scuotendo alle fondamenta la Lega Nord, dobbiamo registrare la solita sinistra propaganda basata su un falso colossale. Infatti, soprattutto dopo le dimissioni di Umberto Bossi dal vertice del suo partito, politici e operatori dell'informazione di area progressista non fanno altro che rimarcare l'uso improprio che alcuni amministratori della Lega avrebbero fatto di soldi rigorosamente pubblici. 

Quindi, secondo questo ragionamento, se io rubo lo stipendio di un ministeriale che ha appena ritirato la busta paga sottraggo quattrini alla collettività? Falso, così come nel caso in oggetto, in quanto nel momento in cui lo Stato ha pagato lo stipendio allo stesso ministeriale i soldi hanno cessato di essere pubblici. Per il contribuente che non vota per il Carroccio, cambia poco se i rimborsi elettorali sono serviti per comprare una lussuosa vettura al figlio del capo del partito, anziché finanziare l'attacchinaggio di manifesti e la distribuzione di volantini. Il furto vero avviene a monte e prescinde dall'uso disinvolto che si fa, praticamente in ogni parrocchia, di questi fondi. Lo scandalo sta nel fatto che tali rimborsi vengano concessi, nonostante un referendum popolare si sia espresso contro il finanziamento pubblico dei partiti con oltre il 90% dei voti, nel 1993.

Ora, è ovvio che pure per questo delicato capitolo di spesa vale lo stesso principio liberale che si cerca faticosamente di far passare all'interno di una società sempre affetta da molti pregiudizi: quando si spendono i soldi degli altri è assolutamente fisiologico che almeno una parte di essi finisca per avvantaggiare il "manovratore" ed il suo giro di parenti e di amici. Non è un caso se l'Italia, secondo le più autorevoli indagini interne ed estere, spicca tra i Paesi più corrotti del pianeta, visto che il sistema pubblico controlla oramai il 54% della ricchezza nazionale, di cui una piccola ma significativa quota finisce per l'appunto nelle opache contabilità dei partiti sotto la citata voce dei rimborsi elettorali. Rimborsi elettorali che, per la cronaca, attraverso vari passaggi degni di un prestigiatore, sono stati via via resi sempre più consistenti, sganciandoli completamente da qualunque rendiconto di spesa effettivamente realizzata nel corso delle varie campagne elettorali.

Addirittura le forze politiche, come nel caso dell'attuale legislatura, hanno raddoppiato per un certo periodo i compensi poiché hanno percepito fino al 2011 i rimborsi di quella precedente, in quanto una legge ignobile stabilisce la fruizione di tali fondi anche quando viene rinnovato in anticipo il Parlamento. In realtà, questo losco meccanismo serve a finanziare soprattutto la strutture burocratiche delle relative forze politiche, stipendiando l'ennesima pletora di personaggi che vivono direttamente di tasse e di spesa pubblica. Se poi una parte di questi emolumenti resta attaccata sulle mani di qualcuno, così come sempre accade in questi casi, non dobbiamo scandalizzarci più di tanto.  

Tra l'altro, non regge neppure la solita argomentazione, secondo cui senza finanziamento pubblico l'attività politica sarebbe riservata solo ai ricchi. Due semplici argomenti sono sufficienti a smontare questa tesi:
a) la stessa Lega Nord nel 1992, quando aveva solo due parlamentari - Bossi e Leoni - e ben pochi soldi a disposizione, raggiunse alle politiche quasi il 9% dei consensi su base nazionale, diventando il principale partito in molte zone dell'Italia settentrionale.
b) Dato che, a conti fatti, le spese elettorali realmente sostenute sono molto inferiori ai medesimi rimborsi ottenuti dai partiti, ciò dimostra l'assoluta pretestuosità del contributo. 

Ergo, prima ancora di chiedere la solita, ridicola legge per rendere onesti i disonesti, forse sarebbe il caso di eliminare alla radice il problema. Ormai, attraverso lo sviluppo della rete tecnologica si sono diffusi sistemi di propaganda, anche spontanea, che raggiungono milioni di soggetti a costi molto contenuti. Sotto questo profilo, sezioni, comizi, manifesti e volantini appartengono ad un mondo palesemente sorpassato.


di Claudio Romiti