Il futuro di Pdl e Lega si chiama libertà

mercoledì 11 aprile 2012


Il problema non è che fine farà il Trota, la Badante, il Cerchio Magico e lo stesso Umberto Bossi. Il problema è che fine farà la Lega e dove andranno a finire i voti, gli interessi, le passioni e le pulsioni di quei milioni di cittadini che negli ultimi venti anni hanno creduto nel Carroccio.

Chi pensa che i partiti tradizionali possano, sia pure progressivamente, riassorbire il fenomeno leghista, compie un grossolano errore. Perché è possibile che in occasione delle prossime elezioni amministrative una parte dell'elettorato del Carroccio possa essere recuperato dal Pdl, dal Pd, dall'Idv o dai "grillini" e dalle liste civiche. Ma è da escludere che nel medio e nel lungo periodo la massa complessiva dell'elettorato della Lega possa venire attratta da forze e da movimenti che non hanno alcuna possibilità di interpretare e rappresentare l'istanza di fondo su cui Umberto Bossi ha costruito il suo movimento.

Il Carroccio è l'espressione della protesta dei produttori contro lo stato burocratico centralista ed assistenziale, costruito nel secondo dopoguerra e che incomincia ad entrare in crisi alla fine degli anni Ottanta. Il lievito di questa protesta è sicuramente il pregiudizio antimeridionale ed antiromano che Bossi usa con grande spregiudicatezza e maestria. Ma la farina di base rimane sempre la richiesta istintiva di uno stato meno pesante e meno invasivo nei confronti del cittadino. Questa richiesta non ha ancora trovato una risposta negli ultimi venti anni. 

L'asse del Nord Berlusconi-Bossi aveva alimentato la speranza di ottenere una qualche riduzione della pressione di un apparato statale elefantiaco e sprecone. Ma gli errori di un Cavaliere paralizzato dal continuismo dei cortigiani e di un Senatùr convinto che il modo migliore di radicare la Lega fosse quello di  riprodurre a livello locale il centralismo burocratico si sono intrecciati alla grande crisi economica. Ed hanno bruciato la speranza di liberazione dallo stato oppressore e predatore.

Al momento non ci sono forze politiche in grado di impugnare credibilmente la bandiera, non dell'antistato o dell'antipolitica, ma della lotta contro l'oppressione e la rapina delle degenerazioni dello stato e della politica. Le forze antisistema dell'ultra sinistra perseguono, magari inconsapevolmente, modelli burocratici ed oppressioni addirittura peggiori di quello che si vorrebbe smantellare. Pd e Terzo Polo rappresentano l'emblema negativo della conservazione (se non della restaurazione) del vecchio sistema. Ed il Pdl, che pure nel dna avrebbe una forte ispirazione di libertà, non riesce ancora a capire che il berlusconismo o è una rivoluzione liberale o non è altro che la copertura contingente di semplici interessi di potere.

Per sopravvivere la Lega dovrebbe tornare ad essere la rappresentante della richiesta di liberazione dalle degenerazioni delle stato burocratico-assistenziale. Ma per farlo non deve solo rigenerare un gruppo dirigente ripulendolo e liberandolo da tutte le scorie del familismo bossiano. Dovrebbe, soprattutto, ridefinire completamente la propria identità. Rinunciando a quella facciata localistica che negli anni passati è stata il lievito del movimento, ma che oggi servirebbe solo a relegarla a fenomeno folkoristico marginale.

E puntando a riempire quel vuoto esistente a livello nazionale provocato dall'assenza di un partito che abbia l'identità netta e dichiarata di forza di liberazione dallo stato oppressivo e predatore. Ma è ipotizzabile una Lega capace di nazionalizzarsi in nome dei valori di libertà? Il dubbio è legittimo. Anche se incomincia a crescere una nuova speranza. Quella che all'asse del Nord berlusconiano e bossiano possa seguire un nuovo asse, capace di rappresentare la richiesta di un nuovo modello di stato fondato non sull'oppressione ma sulla libertà!


di Arturo Diaconale