venerdì 30 marzo 2012
Diciamo subito che parlare di licenziamento per un direttore ottuagenario (e non lo dimostra!) è improprio. La biografia professionale di Emilio Fede è una delle più intense e al tempo stesso delle più emblematiche. E ne vedremo il perché.
Il comunicato di Mediaset dell'altra sera definisce l'intera parabola metapolitica e metatelevisiva da lui impersonata, nel bene e nel male (ma soprattutto nel bene), in Tv e non solo, che coincide con la sua professionalità.
L'incarnazione di un vero e proprio continuum cumunicativo, pubblico prima e privato poi, trova in Emilio la sua più vera,starei per dire intima, espressione.
Diciamo, piuttosto, che la sua assenza dal Tg4, la creatura che più di tutte aveva rappresentato lo speciale "quid" del suo direttore davvero storico, rientra nella grande trasformazione insita nelle tv, in primis, e nel resto, come superbamente indica il famoso film "Le cose cambiano".
Questo poteva dunque essere il titolo del comunicato Mediaset, nel senso più pieno di un cambiamento che, peraltro, fu avviato dalla tv berlusconiana e anche da Fede inventando un telegiornale che è famoso, non tanto o soltanto per essere arrivato primo nell''annuncio della Guerra del Golfo edizione 1991, quanto piuttosto nel respingere al mittente il cosiddetto vizio d'origine che i malevoli, tantissimi, anche dentro l'Azienda del Biscione, attribuivano a Fede. Ovvero il suo eccesso di devozione al Cavaliere, la sua adulazione quotidiana, la berlusconite diffusa in ogni edizione.
In realtà, ciò che il Tg4 ha rappresentato è stato un modo di porgere l'informazione, un mood, starei per dire uno stile, che nella misura con la quale non si vergognava a testimoniare la dedizione al "benefattore" (il Cav prelevò Fede da Rete A e lo immise nel grande circuito di Cologno Monzese) faceva capire subito di non truccare il gioco, di giocare, appunto, a carte scoperte.
In questo senso è stato migliore lui di altri più furbi e meno onesti che, al contrario, hanno spesso occultato la loro spocchiosa mediocrità dietro la sua demonizzazione in quanto berlusconiano perinde ac cadaver.
Naturalmente la storia professionale, la stessa narrazione esistenziale di Emilio, rispecchia pregi e limiti di un giornalismo old style con trionfi e cadute, con successi e rovinosi precipizi in cui i vizi sembravano a volte oscurare i meriti di una professione che per Fede è stata simile a una missione. Come lo è stato per molti entrati in Rai e divenuti grandi giornalisti e, soprattutto, grandi inviati, come lo fu lui in Africa nelle difficilissime pagine delle guerre etiopiche e somale, in un Corno d'Africa periglioso e inquieto in cui l'inviato sapeva comunque dove muoversi, cosa raccontare e come.
Le cose cambiano, certo. Il cambiamento, di cui la fine della lunghissima parentesi di Fede è un simbolo e una conferma,è visibile in quello che oggi proprio Mediaset sta offrendo sul banco alimentare di un'informazione mai esausta, se è vero come è vero che l'ultima creatura "Tg Com 24", diretta con mano sicura e innovativa da Giordano insieme ad un'equipe di altissimo pregio e con il felice innesto della formidabile coppia radiotelevisiva della Zanzara di Cruciani e Parenzo che riaggiorna l'indimenticabile "cazzeggio" di Arbore e Boncompagni, mostra al meglio le capacità di una grande azienda nel contrastare, almeno nel settore dell'informazione, una concorrenza che ha spazzato via il cosiddetto duopolio, sfiorando,a volte,la bulimia. Il successo di Mentana nel suo Tg 7 aveva rivelato la sensibilità dell'ex patron del Tg5 (ma non si dimentichi il ruolo di un allora enfant prodige di nome Gori) alla politica raccontata in tv, dopo che lui stesso l'aveva accantonata a favore della cronaca. Eppure, anche al "nuovo" Chicco rilegittimatosi in Telecom, il "vecchio" Fede, col suo fare da adorabile bugiardo, aveva saputo tener testa con quella particolare, mielata e soffice disposizone a prenderti all'amo. Benché la parabola discendente fosse iniziata, al di là e al di sopra delle recenti vicende del Rubygate. "Things change", appunto.
di Paolo Pillitteri