Il paradosso che paralizza

venerdì 23 marzo 2012


Lo scontro in atto sulla riforma del lavoro proposta dal governo Monti dimostra in maniera incontrovertibile l'incredibile paradosso paralizzante in cui vive il paese da alcuni decenni a questa parte e da cui non accenna in alcun modo ad uscire. Il paradosso è semplice. La sinistra domina culturalmente la scena politica italiana.
Come se l'epoca dell'egemonia non fosse mai finita. Non è forse vero che la partita sull'art.18 viene sempre giocata da una parte dalla sinistra riformista e dall'altra dalla sinistra massimalista? Che lo scontro in atto è tra il Presidente della Repubblica, il "migliorista " Giorgio Napolitano, che è il vero "padre-padrone" del governo e della riforma del lavoro e gli ortodossi post-operaisti Pierluigi Bersani e Massimo D'Alema, che continuano a guidare il Pd all'insegna dell'antica regola terzinternazionalista del "nessun nemico a sinistra", tantomeno la Cgil e la Fiom? Questa prima parte del paradosso è inquietante.
Perché dimostra che nel momento in cui si affronta una questione, come quella della riforma del lavoro che tutti gli altri paesi europei hanno risolto ed archiviato da tempo, l'orologio italiano torna indietro di quasi quarant'anni. La partita diventa solo quella che si svolge all'interno del recinto chiuso della sinistra post-comunista.
L'economia sociale di mercato ed il liberalismo in salsa renana di Mario Monti diventano il semplice strumento. Quello con cui il riformista Napolitano cerca di portare avanti le sue convinzioni e di combattere la battaglia contro le resistenze dei massimalisti e dei marxisti ortodossi di una sinistra politica e sociale che si comporta come se il Pci non fosse mai morto e continuasse ad esercitare la propria egemonia assoluta sull'intero paese.
Il resto delle forze politiche è tagliato fuori da questo scontro. Come se la faccenda non lo dovesse minimamente riguardare in quanto di competenza esclusiva dei post-comunisti. La seconda parte del paradosso è ancora più inquietante della prima. Perché indica in maniera fin troppo evidente che la sinistra ancora egemone è in grado di paralizzare il paese ma non può e non sa governarlo.
Perché lo condanna a discussioni antiche tra posizioni ormai vetuste che impediscono alla società italiana di uscire una volta per tutte dal secolo passato ed entrare finalmente nel terzo millennio, come tutte le società più moderne ed avanzate. Il paradosso, dunque, è che fino a quando la sinistra rimane egemone il paese è condannato a rimanere arretrato e fermo al più lontano passato.
Questo paradosso può essere spiegato anche visivamente. La fotografia metaforica del tema dominante di questi giorni presenta da un lato l'immagine di un ultraottantenne come Giorgio Napolitano che si comporta come se il suo interlocutore fosse ancora Ingrao ed un gruppo dirigente del Pd che è sempre lo stesso da trent'anni a questa parte e che trova assolutamente naturale contrapporsi al vegliardo del Quirinale interpretando il ruolo che fu di Ingrao.
Si può uscire da questo circolo vizioso e paradossale che minaccia di condannare l'Italia a rivivere stagioni che risalgono agli anni verdi dei vecchi post-comunisti di oggi? L'unica strada è quella che porta a liberarsi del paradosso, della sinistra egemone e delle sue lacerazioni paralizzanti.
Le elezioni del 2013 possono essere l'occasione!


di Arturo Diaconale