Alla vigilia della legge di bilancio ripetiamo tutti assieme: non c’è crescita senza rigore

mercoledì 8 ottobre 2025


La disciplina delle finanze pubbliche è una precondizione per la crescita

La disciplina delle finanze pubbliche è una precondizione per la crescita. Contribuisce a limitare significativamente i margini di incertezza entro i quali gli imprenditori e le famiglie si muovono, tanto più in un contesto - come l’attuale - in cui le fonti di incertezza certo non mancano. Apre spazi importanti per il settore privato liberando flussi di risparmio che verrebbero altrimenti assorbiti dal debito pubblico. Concorre a rendere attraente il paese e di conseguenza a farne una destinazione interessante per i flussi di capitali esteri. A ciò si aggiunga - in una diversa ottica - che finanze pubbliche ordinate impongono alla politica ciò che spesso la politica aborre: scegliere. E una politica che sceglie è certamente migliore di una politica che fa della irresponsabilità la propria cifra distintiva. Anche questo aiuta a crescere.

Sono constatazioni fin troppo ovvie ed è esattamente per questo motivo che stupisce che la principale organizzazione datoriale, per bocca del suo presidente, abbia parlato della prudenza nella politica di bilancio implicita nel recente Documento programmatico di finanza pubblica come della ricerca di una visibilità “da copertina”. Gli industriali, che meglio di altri conoscono il mercato internazionale, dovrebbero ricordare quando approcci diversi accrescevano il rischio Paese e rendevano più difficile finanziare anche le loro attività.

Ottobre è il mese in cui ogni gruppo organizzato di cittadini italiani cerca, del tutto legittimamente, di strappare al governo (in realtà, ai contribuenti) qualcosa per sé - un incentivo, un piccolo bonus, un nuovo trattamento di favore, una qualche protezione. Gli imprenditori, comprensibilmente preoccupati dall’effetto dei dazi e dai costi dell’energia, vorrebbero “8 miliardi in tre anni”. Sarebbe più utile a tutti se, in un contesto come questo, chiedessero un quadro regolatorio più snello - che ha un costo politico rilevante ma non ne ha impatti erariali.

Nel momento in cui chiedono quattrini, sarebbe auspicabile che almeno gli imprenditori e le altre organizzazioni di categoria si sforzassero di indicare dove trovare le risorse che vorrebbero che fossero dedicate all’impresa. Temiamo però in testa abbiano un’idea diversa, sul reperimento delle risorse. La stessa idea che hanno tutti o quasi i diversi gruppi che busseranno alla porta del Ministro dell’Economia. Pensano cioè che possano arrivare, di nuovo e come sempre, facendo debito. Anzi “debito buono”, come si dice quando un po’ ci si vergogna delle proprie opinioni.


di Istituto Bruno Leoni