Atene, Pericle non abita più qui

lunedì 6 ottobre 2025


Anche la patria della democrazia si piega al dirigismo: il divieto sugli affitti brevi è il sintomo di uno Stato che non si fida dei suoi cittadini.

Il governo greco ha prorogato fino al 31 dicembre 2026 la moratoria che vieta nuovi permessi per locazioni turistiche brevi nei primi tre distretti di Atene. Una misura che, sotto il pretesto di combattere la crisi abitativa, si configura come un attacco diretto alla libertà individuale, alla proprietà privata e alla vitalità economica dei cittadini. E conferma ancora una volta che, piuttosto che affrontare le cause strutturali della carenza di alloggi, essenzialmente imputabili all’interventismo statale e alle misure di controllo degli affitti, si sceglie la scorciatoia ideologica del divieto, trasformando lo Stato in arbitro onnipresente del mercato immobiliare.

La legge n. 5170/2025, in vigore dal 1° ottobre, conferma il blocco delle nuove registrazioni e impone requisiti stringenti alle attività già esistenti: ventilazione e luce naturale, impianti certificati, dispositivi antincendio, assicurazioni obbligatorie. Chi non si adegua rischia sanzioni fino a 20.000 euro. In tal modo si reprime lo spirito d’iniziativa, scoraggiando chi usa responsabilmente la propria proprietà e premiando solo chi si piega alla logica burocratica.

Il ministero dell’Economia, guidato da Kyriakos Pierrakakis, giustifica la misura con l’intento di contenere l’aumento degli affitti a lungo termine. È tuttavia una giustificazione alquanto debole, priva di consistenza scientifica: lo Stato non può infatti sostituirsi al mercato, né stabilire per decreto il prezzo delle case. Invero, come spesso avviene, quando la politica pretende di correggere la realtà, finisce per negarla. I dati Eurostat lo dimostrano: nel 2024 gli affitti brevi hanno registrato 14,1 milioni di pernottamenti, in crescita del 42 per cento rispetto al 2019, ma rappresentano solo il 9,2 per cento del totale. Colpire questo settore significa danneggiare il turismo senza risolvere nulla.

Lo stesso, come appare da tutti i rilievi, genera circa un quarto del Pil greco. Secondo un sondaggio Pulse RC del maggio 2025, nove greci su dieci lo considerano essenziale per l’economia. In tale contesto, gli affitti brevi hanno superato l’offerta alberghiera, segno di una trasformazione spontanea e sana del mercato: i cittadini hanno valorizzato spazi inutilizzati, i viaggiatori hanno trovato soluzioni più flessibili. È la dimostrazione che la libera iniziativa, lasciata agire senza imposizioni, produce ordine e benessere meglio di qualsiasi pianificazione centralizzata.

Nonostante ciò, il governo ellenico intende estendere misure analoghe ad altre aree considerate “a rischio abitativo”, come Salonicco, Santorini, Chania, Paros e Halkidiki. Così facendo, invece di incoraggiare la responsabilità e l’autonomia individuale, si sceglie la strada del controllo e del divieto. Parallelamente, si offrono incentivi fiscali a chi rinuncia agli affitti brevi: una politica del bastone e della carota che altera le dinamiche del mercato e penalizza chi esercita in modo legittimo il proprio diritto di proprietà.

L’associazione dei proprietari Pomida (Hellenic Property Federation), presieduta da Stratos Paradias, denuncia un quadro normativo che trasforma un’attività libera e utile in un percorso a ostacoli. Gli esempi internazionali, del resto, lo confermano: a Berlino il divieto ha generato un mercato sommerso, amplificando le distorsioni anziché correggerle; a Barcellona ha ridotto l’offerta legittima senza intaccare il flusso turistico; a New York, con la Local Law 18, le inserzioni sono scomparse ma i canoni restano alti, confermando che nessuna restrizione può sostituire la libertà del mercato. Il che conferma ancora che, ovunque lo Stato abbia voluto sostituirsi al mercato, si è prodotta solo più opacità e meno libertà.

Ad Atene, com’è intuitivo, è facile prevedere un aumento delle locazioni non dichiarate. Infatti, l’idea che comprimere la libertà serva a proteggere i più deboli è unicamente una finzione moralistica: non si costruiscono case con i divieti, né si abbassano i prezzi distruggendo la concorrenza. Si crea invece un mercato sommerso, si bloccano gli investimenti e si puniscono le famiglie che negli affitti brevi trovavano un aiuto concreto per vivere meglio.

Non è un caso che siffatta deriva dirigista emerga proprio nella capitale dell’Egeo, la città che diede al mondo l’idea di libertà civile e responsabilità personale. È paradossale che proprio nella patria di Pericle si imponga oggi un modello statalista che riduce il cittadino a suddito, costringendolo a chiedere permesso per usare la propria casa. La polis che insegnò all’umanità il valore del confronto e dell’autogoverno diventa pertanto un laboratorio di controllo burocratico, dove la libertà economica è trattata come una minaccia da neutralizzare.

Nella cultura greca, la casa non è mai stata solo un bene materiale, ma il luogo dell’oikonomia: dell’amministrazione familiare, del risparmio, della continuità tra le generazioni. Colpire la libertà di disporne significa ferire quella tradizione profonda che lega la proprietà alla dignità della persona. È la negazione stessa dell’idea di cittadinanza libera, fondata sulla responsabilità individuale e non sulla dipendenza dallo Stato. La proroga del divieto non è una misura tecnica, ma il segno di una mentalità che diffida della libertà e teme il mercato. È un paternalismo travestito da giustizia sociale, che genera l’effetto opposto: meno trasparenza, meno investimenti, meno fiducia. E soprattutto, meno libertà.


di Sandro Scoppa