La finanziaria: un sudoku giuridico-contabile

venerdì 3 ottobre 2025


L’autunno è tempo di vendemmia nelle campagne ma anche l’avvio della procedura di costruzione della Manovra finanziaria per il prossimo anno. L’avvio oggi è quanto mai precario per l’incertezza del quadro globale e delle politiche dei dazi degli Usa, delle sanzioni alla Russia e in sostanza al cambiamento di un quadro globale in ridefinizione verso una forma di multilateralismo che supera la posizione di unica dominanza degli Usa e rende altamente variabile il quadro commerciale, economico, finanziario e politico a livello globale. La finanziaria poi è uno scontro politico che dipende dalle richieste di fondi da parte della politica che fa un uso della manovra funzionale a raccogliere consenso con la destinazione delle risorse a persone e istituzioni vicine alle diverse parti politiche e qui comincia l’attacco alla diligenza della finanziaria che rischia poi di appesantirla e di aggravare il già alto debito pubblico. Questo uso della spesa pubblica per ottenere consenso si riflette sull’alta incidenza della spesa corrente sul totale della spesa rispetto alla spesa in conto capitale e per investimenti, la prima di fatto è l’80 per cento della spesa totale mentre la seconda arriva al 20 per cento. La spesa corrente ha un’alta rigidità ed è difficile da contenere per il ruolo politico che riveste ma di fatto diventa cruciale il suo contenimento e non a caso il Mef ha chiaramente detto che non si può sforare il tetto del debito proprio adesso che la Ue può dichiarare la fine dello stato di emergenze del Paese e in presenza della possibilità di ridurre il deficit sotto il 3 per cento obiettivo seguito negli ultimi anni ma mai realizzato.

La finanziaria si chiama in questo modo per il tipo di contabilità pubblica che misura le variazioni di cassa per le entrate (accertamenti e incassi) e le uscite (impegni e uscite di cassa) rigorosamente regolata da una sistema giuridico che diventa dominante. La contabilità finanziaria è completamente diversa dalla contabilità economica che misura i risultati delle imprese in termini di costi e ricavi secondo il principio di competenza e non come quello di cassa che regola la contabilità finanziaria. I vincoli alla finanziaria derivano dal fatto che deve essere approvata dai due rami del parlamento entro la fine dell’anno altrimenti si avvia, fino all’approvazione, l’esercizio provvisorio che autorizza la spesa dell’anno precedente misurata in dodicesimi e il secondo vincolo è che deve realizzare il pareggio tra entrate e uscite. Per trovare un equilibrio tra richieste della politica e scarsità delle risorse si è spesso ricorsi a una sovrastima delle entrate e a una sottostima delle uscite di fatto eludendo il reale vincolo del pareggio. L’anno successivi le entrate previste non si realizzano così come le uscite non correttamente previste dando luogo a un aumento del debito, questa manovra ci ha portato ad avere un debito che rischia di andare fuori controllo specie se le spese per interessi aumentano; lo scorso anno abbiamo avuto oltre 100 miliardi di euro di interessi a gravare sul debito. Come possiamo vedere dai seguenti grafici il Pil italiano si contrae mentre il debito pubblico tende a rallentare la corsa mantenendosi però oltre i tremila miliardi di euro; il rischio che stiamo correndo è quello che il Pil cresca di meno rispetto alla crescita del debito mandando in difficoltà la tenuta dei conti pubblici (Tabella 1 e Tabella 2).

D’altro canto come possiamo vedere l’andamento storico del Pil sul debito e l’incidenza degli interessi sul debito mostrano un andamento crescente nel lungo tempo solo adesso riusciamo, dopo la pandemia del Covid, ad avere un avanzo primario positivo mentre rimane alta la spesa per interessi sia per l’ammontare dello stock di debito sia per gli interessi suulo stesso che oggi possono avere un ridimensionamento grazie anche a uno spread decrescente. Il debito sul Pil ha raggiunto durante la pandemia la stessa percentuale raggiunta nella prima guerra mondiale che ha portato a una crisi sociale che ha portato al Governo il movimento fascista. La maggiore crescita del debito rispetto al Pil è negli anni ottanta e novanta quando con la fine del “Gold exchange standard” e la creazione della finanza infinita abbiamo avuto un’inflazione che ha passato il 20 per cento generando lo zoccolo duro del debito che non si è più ripreso.

Anche la debolezza della politica ha contribuito all’uso smodato della spesa corrente funzionale a realizzare il consenso e la stabilità dei governi (Tabella 3 e Tabella 4). La posizione debitoria di molti stati occidentali è dovuta a una crescente forze della finanza e a un suo uso che ha autorizzato una spinta verso il moral hazard con le conseguenze che vediamo accresciute dalla riduzione della manifattura rispetto ai servizi che oggi rappresentano a livello globale il 68 per cento del Pil mondiale e una conseguente decrescita del Pil, specie per le economie occidentali Usa ed Europa a favore delle economie degli altri Paesi a noi opposti come la Cina, l’India, il Brasile e una parte dei Paesi africani dove il Pil corre di più. Aspettiamo i risultati con la speranza che l’assalto alla diligenza non impedisca la manovratore di rispettare i rigidi vincoli di spesa che l’Europa pretende da noi (Tabella 5 e Tabella 6).

(*) Professore emerito dell’Università Bocconi di Milano


di Fabrizio Pezzani (*)