martedì 16 settembre 2025
Oggi 16 e domani 17 settembre si riunirà il board della Federal Reserve americana per decidere la riduzione dei tassi di riferimento della banca centrale statunitense. Tra gli operatori finanziari professionali e tra gli analisti non vi è dubbio che il presidente della Fed Jerome Powell opererà un primo allentamento della politica monetaria statunitense anche se l’inflazione è leggermente risalita. L’incertezza, non è se ridurrà i tassi di riferimento ma sul quanto sarà la riduzione del costo dei finanziamenti. Per alcuni analisti la riduzione sarà dello 0,25 per cento (25 basis point) altri prevedono invece addirittura 0,50 per cento (50 punti base). La Banca centrale europea nella riunione dell’11 settembre scorso ha deciso di mantenere i tassi di riferimento fermi (2 per cento quello sui depositi presso la banca centrale, 2,15 per operazioni di rifinanziamento e 2,4 per cento sulle operazioni di rifinanziamento marginale).
La riduzione dei tassi d’interesse negli Stati Uniti provocherà un ulteriore indebolimento del rapporto di cambio dollaro-euro. L’ultimo dato disponibile di ieri in borsa indicava che per comprare un euro occorreva 1,175 dollari. Il primo gennaio 2025 il rapporto di cambio dollaro-euro era di appena 1,037 dollari per comprare un euro. La svalutazione della divisa americana dall’inizio dell’anno è stata del 13 per cento circa. Se si somma la svalutazione del dollaro verso l’euro del 13 per cento all’incremento dei dazi del 10, il costo delle merci esportate dall’Europa verso gli Usa costeranno al consumatore americano ben il 23 per cento in più. È di tutta evidenza che il combinato disposto: maggiori dazi doganali e svalutazione del dollaro produrranno una importante riduzione delle esportazioni verso gli Usa.
Ci saremmo aspettati dalla Bce una politica monetaria più accomodante (ulteriore riduzione dei tassi di riferimento) funzionale a contenere quantomeno la rivalutazione dell’euro verso il dollaro per sostenere gli esportatori europei. Gli investitori del settore obbligazionario orienteranno gli acquisti verso i Paesi dell’area dell’euro in quanto avranno il duplice vantaggio di una buona remunerazione e dell’apprezzamento ulteriore dell’euro. Continua la visione miope della Bce e della sua presidente Christine Lagarde che invece di sostenere la debole economia europea continua imperterrita a operare affidandosi all’andamento dell’inflazione nell’area dell’euro. È improcrastinabile la riforma della governance di quella “espressione geografica” che chiamiamo Unione europea e dello Statuto dell’Istituto di emissione della moneta unica. Infatti, l’obiettivo della Federal Reserve non è solo quello di mantenere il potere d’acquisto del dollaro, attraverso il controllo dell’inflazione, ma anche quello di sostenere i tassi di occupazione negli Stati Uniti. La riduzione dei tassi sarà effettuata nonostante l’inflazione abbia raggiunto ad agosto il 2,9 per cento e quindi lontana dal target obiettivo che è del 2 per cento.
di Antonio Giuseppe Di Natale