mercoledì 25 giugno 2025
Il presidente americano Donald Trump, con il suo intervento mirato sui siti nucleari iraniani, ha disatteso la promessa, fatta in campagna elettorale, di non coinvolgere gli Stati Uniti in nuove guerre. La decisione può incidere, nell’immediato, sul suo consenso elettorale in vista delle importanti elezioni di metà mandato (midterm) che potrebbero compromettere la maggioranza dei repubblicani al Senato e alla Camera dei rappresentanti. In molti temevano, che alla riapertura delle borse valori di lunedì 23 giugno, ci sarebbero state turbolenze sui mercati finanziari a causa dell’intervento militare “chirurgico” degli Stati Uniti sui siti nucleari e di arricchimento dell’uranio in Iran. Gli effetti nei mercati finanziari internazionali sono stati assolutamente marginali. Anzi, ieri le borse hanno festeggiato la fragile tregua voluta da Donald Trump ed accettata da Israele e dall’Iran. Gli operatori finanziari, che per ragioni professionali si devono necessariamente informare, hanno fiutato l’aria e si sono convinti che non ci sarà un ampliamento del conflitto a causa dell’intervento militare Usa che ha riguardato solo le installazioni del nucleare iraniano.
Tutti erano convinti che l’aumento del greggio e del gas naturale sarebbe stato momentaneo. Infatti, è bastata la fragile tregua a far rientrare i prezzi a livelli fisiologici in considerazione della permanente crisi mediorientale. La produzione di petrolio e di gas è, a livello mondiale, tale da non destare preoccupazione per l’approvvigionamento di energia da fonti fossili. È considerata remota anche la possibilità della chiusura dello Stretto di Hormuz dove passa circa il 20 per cento del greggio e intorno al 10 per cento del gas naturale proveniente dallo stesso Iran e dalle monarchie del golfo. I prezzi del petrolio e del gas sono cresciuti, momentaneamente, non per carenza di offerta ma per il rischio del passaggio delle navi cisterna nello Stretto di Hormuz e per i possibili attacchi degli Houthi nel Mar Rosso interrompendo le catene di forniture del greggio. Gli stessi Houthi sono fortemente indeboliti dagli attacchi che hanno subito alle loro postazioni per il lancio di missili da parte degli Usa, Israele e del Regno Unito. Chiudere il canale sarebbe stato un suicidio economico per l’Iran in quanto avrebbe perduto gli introiti derivanti dalla esportazione del petrolio alla Cina. Forniture, che consentono al regime teocratico di sostenere la disastrata economia del Paese. Perdite di risorse finanziarie che potrebbero alimentare la rivolta della popolazione che da tempo auspica un cambio di regime. Tuttavia, il rischio bellico a cui sono soggette le navi in transito nel canale di Hormuz e nel mar rosso hanno già prodotto un aumento dei noli e delle assicurazioni.
Se, come pare, il regime teocratico di Teheran dovesse tornare al tavolo delle trattative che prevede l’azzeramento dei piani nucleari degli ayatollah, i prezzi del petrolio e del gas ritorneranno ad un valore compatibile con l’effettiva domanda internazionale di risorse energetiche da fonti fossili. È di tutta evidenza che nazioni come la Cina, importatrice di greggio iraniano, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi, esportatori di petrolio e gas naturale, non vedrebbero di buon occhio un fattore che potrebbe incidere negativamente sulle loro economie. Ex post, chi ha contestato l’inevitabile intervento degli Stati Uniti per debellare il rischio che il regime islamico si potesse dotare di armi nucleari, dovrà rivedere le proprie posizioni sulla attuale presidenza americana che, obtorto collo, sta cercando di rimediare agli errori commessi dall’ex presidente Usa Barack Obama che ha consentito all’Iran di approssimarsi ad avere ordigni nucleari. L’ottenimento di ordigni nucleari da parte dell’Iran, ha come obiettivo fondativo della stessa Repubblica islamica la distruzione dello Stato di Israele e l’annientamento della popolazione ebraica. Chiunque abbia buonsenso e non è animato da pregiudizi politici non può non riconoscere a Donald Trump lungimiranza politica. Lo stesso, data la situazione contingente, ha dovuto disattendere la promessa elettorale di non coinvolgere gli Stati Uniti in nuove guerre. Molti dovranno, forse rivedere, il proprio giudizio sul secondo mandato di Trump.
di Antonio Giuseppe Di Natale