lunedì 16 giugno 2025
Sono 15 i decreti legislativi e 4 i testi unici emanati sulla base della delega fiscale del 2023. Si tratta in buona misura di revisioni, razionalizzazioni e semplificazioni della disciplina tributaria vigente, di aggiornamenti del sistema di accertamento e riscossione e del contenzioso, di riconsiderazione dell’impianto sanzionatorio. Interventi intesi a ridisegnare su basi diverse il rapporto stesso fra fisco e contribuente superando la logica spesso esclusivamente punitiva prevalente nel più recente passato. Parlando di fisco è bene partire da qui, ricordando come la distanza fra il fisco e il contribuente spesso si misura in termini procedurali assai più che in termini delle sole aliquote.
Ciò premesso, è chiaro che il tema del giorno è quello relativo ad un eventuale intervento sulle aliquote dell’imposta personale, con particolare riferimento all’aliquota oggi prevista al 35% per i redditi compresi fra 28 e 50 mila euro. Aliquota che si vorrebbe portare al 33% con un costo valutabile in circa 3 miliardi di euro se l’ampiezza dello scaglione rimanesse invariata e in circa 4 miliardi di euro se invece si volesse portare il limite superiore a 60 mila euro. Non è da escludersi che - nonostante si addensino fin d’ora sul bilancio pubblico le esigenze più disparate - l’intervento possa trovare un’adeguata copertura.
Piccoli margini sono già presenti e sono il frutto della recente ritrovata disciplina della nostra finanza pubblica. Disciplina che può produrre frutti ulteriori. Lo spread fra Btp decennali e Bund si aggira intorno ai 95 punti base. Per i titoli greci, spagnoli e francesi si attesta intorno ai 70 punti base. Intorno a 50 punti base nel caso del Portogallo. Detto in altri termini, una gestione determinata e rigorosa della finanza pubblica può generare spazi aggiuntivi valutabili, a regime, fra gli 8 e i 15 miliardi di euro. Attenzione: a regime, e quindi tenendo conto della vita media del nostro debito pubblico. Sarebbe sufficiente?
Per un intervento limitato come quello descritto in precedenza forse sì. Ma c’è da domandarsi se l’obiettivo di legislatura non debba essere più ambizioso. Se lo fosse - come sarebbe lecito e auspicabile pensare - allora non si potrebbe non cercare altrove per trovare coperture adeguate. Esclusa, ovviamente, l’ipotesi di un ricorso all’indebitamento per finanziare un taglio delle imposte (cosa che con ogni probabilità vanificherebbe gli sforzi ed i positivi risultati già citati) rimane il ricorso all’enorme bacino della spesa pubblica corrente, di cui peraltro già si prevede, entro il 2027, una marginale riduzione rispetto al prodotto interno lordo. Si può fare di più?
Certamente, e già sarebbe un grosso risultato se le nuove esigenze emerse negli ultimi mesi fossero soddisfatte senza modificare queste tendenze. E allora forse è il caso di domandarsi se gli obiettivi più ambiziosi dal punto di vista tributario non debbano essere perseguiti anche rivedendone il disegno complessivo. Mettendo mano, più di quanto già non si sia fatto, alle spese fiscali. O riconsiderando, per un verso, il rapporto fra imposte diverse per attenuare, prima che diventino insolubili, le tensioni riconducibili alla ridotta equità orizzontale del sistema. O infine, riconsiderando le modalità di finanziamento di alcune prestazioni sociali (a partire dalla sanità). Non bisogna fare tutto e subito, ma per fare molto, se non tutto, bisogna pensarlo subito.
(*) Consigliere d’amministrazione dell’Istituto Bruno Leoni
di Nicola Rossi (*)