martedì 6 maggio 2025
La Spagna ha la rapida crescita di fotovoltaico ed eolico e il contenimento dei costi. Gli operatori privati hanno risposto agli incentivi fissati dalla politica. Gli incentivi però erano sbagliati.
Di chi è la colpa del blackout in Spagna e Portogallo? Del neoliberismo, è chiaro. Nessuno l’ha detto in modo tanto esplicito, ma il premier spagnolo, Pedro Sánchez, ci è andato vicino: ha convocato tutti gli operatori del settore per una riunione di fuoco, prendendo a brutto muso “los operadores privados”.
È un goffo tentativo di scaricare una responsabilità che, in ultima analisi, non può che ricadere sulla politica. Intendiamoci: le cause specifiche che hanno condotto al collasso della rete in Spagna e Portogallo non sono ancora chiare, e ci vorranno settimane (se non mesi) per farsene un’idea compiuta. Tuttavia, è abbastanza evidente che il sistema elettrico iberico stava operando in una condizione di vulnerabilità di cui vi era piena consapevolezza, tant’è che Red Eléctrica de España (l’equivalente della nostra Terna) aveva avvertito del rischio. Per esempio, nel rapporto annuale presentato a febbraio si legge che, tra i rischi della transizione energetica, vi è quello di “disconnessioni della generazione per l’elevata penetrazione delle fonti rinnovabili senza le necessarie capacità tecniche per tenere un comportamento adeguato di fronte alle perturbazioni”.
La responsabilità di garantire l’adeguatezza del sistema è dell’operatore di rete, appunto Red Eléctrica de España: un soggetto formalmente privato, ma solo formalmente. Ha come principale azionista lo Stato (attraverso la Cdp spagnola che ne possiede il 20 per cento), è presieduto da un’esponente del Partito socialista spagnolo, è vigilato dal ministero della Transizione energetica ed è regolato dalla Comisión Nacional de la Energía (equivalente della nostra Arera). Non sappiamo se Red Eléctrica abbia commesso errori nella gestione dell’evento o abbia sottovalutato i rischi: ma nessuna delle sue decisioni o delle sue “regole di ingaggio” dipende dal mercato, visto che difficilmente esistono imprese più sorvegliate, regolate e controllate dal governo.
Il problema, allora, è che sono mancati, in Spagna, quegli investimenti necessari ad accompagnare la crescita delle fonti rinnovabili, i quali dovrebbero essere sostenuti in parte dai produttori stessi, in parte dal gestore della rete. Ciò è conseguenza soprattutto di un sistema di sostegno che ha trascurato gli aspetti di sicurezza, privilegiando la rapida crescita di fotovoltaico ed eolico e il contenimento dei costi. Gli operatori privati hanno risposto agli incentivi fissati dalla politica. Gli incentivi però erano sbagliati.
di Istituto Bruno Leoni