venerdì 18 aprile 2025
Contro la superstizione della sovrappopolazione: l’umanità è la più grande risorsa di un’economia libera
“La risorsa fondamentale dell’umanità è l’uomo stesso. Le persone sono le risorse ultime”. Questa frase di Julian L. Simon andrebbe scolpita all’ingresso di ogni aula parlamentare e riportata in apertura di ogni giornale che, ancora oggi, nel 2025, alimenta la vecchia superstizione della sovrappopolazione. Da oltre due secoli si ripete, con toni apocalittici o paternalistici, che il mondo sarebbe troppo affollato, destinato a collassare sotto il peso degli uomini. È la narrazione ricorrente di chi guarda all’umanità non come fonte di ricchezza, ma come problema da gestire, da contenere, da controllare.
Ma è proprio questa visione che si è rivelata fallace ogni volta che è stata messa alla prova dalla realtà. Laddove gli uomini sono stati liberi di agire, di commerciare, di innovare, la crescita della popolazione non ha portato miseria ma progresso; non scarsità ma abbondanza. È un principio che si ritrova in tutta la storia economica dell’umanità: quando si lascia spazio all’iniziativa individuale, più persone significano più conoscenza, più specializzazione, più soluzioni.
La paura della sovrappopolazione nasce, in fondo, da un pregiudizio antiliberale: l’idea che le risorse siano date una volta per tutte, statiche, finite, e che l’uomo sia soltanto un consumatore passivo. È una visione che appartiene a chi crede nella pianificazione centrale, nella regolazione dei comportamenti, nell’intervento dello Stato come misura di salvezza. Al contrario, chi guarda alla storia con l’occhio dell’economista liberale sa che l’uomo libero è il primo produttore di ricchezza: perché trasforma, inventa, scopre, crea ciò che prima non esisteva.
Non è un caso che i profeti della sovrappopolazione appartengano alla tradizione dirigista. Da Thomas Malthus a Paul Ehrlich, l’idea ricorrente è che l’umanità vada contenuta, limitata, controllata. In particolare, il secondo, autore nel 1968 del celebre The Population Bomb, ancora nel 2018 ribadiva (The Guardian) che il pianeta non potrebbe sostenere più di due miliardi di persone. Ma i fatti hanno raccontato un’altra storia.
Secondo uno studio pubblicato su The Lancet (2020), la popolazione mondiale crescerà fino a un picco di 9,7 miliardi nel 2064, per poi iniziare a decrescere fino a 8,7 miliardi nel 2100. Un fenomeno dovuto non a carestie o a disastri, ma al naturale effetto del benessere, dell’istruzione, dell’autonomia femminile e dell’accesso ai contraccettivi. Dove la libertà è cresciuta, anche le nascite si sono regolate spontaneamente.
Perfino Bill Gates, spesso travisato, ha ricordato nel suo intervento Ted del 2010 che la riduzione della crescita demografica è una conseguenza naturale del miglioramento della salute pubblica e delle condizioni di vita. Non è un obiettivo da raggiungere con la forza dello Stato, ma un effetto del progresso.
Il vero problema non è avere troppi uomini, ma avere troppo poco spazio di libertà. Possiamo tranquillamente affermarlo, richiamando Ludwig von Mises e assumendo chiaramente che il più importante fattore di produzione non è un elemento naturale, ma l’uomo che pensa. Le risorse materiali non sono mai veramente “finite”. Lo sono solo per chi smette di cercare, di inventare, di produrre. Dove c’è libertà, ogni limite naturale diventa superabile.
Questa è la grande lezione della teoria economica. I movimenti antinatalisti di oggi, come il “Voluntary Human Extinction Movement”, perpetuano un errore culturale profondo: credere che l’umanità sia un problema. Ma un mondo senza uomini non è un mondo più ricco o più giusto: è un mondo vuoto.
Alfonso Lucifredi, nel suo Troppi (2022), lo ha spiegato bene: il problema non è quanti uomini ci siano, ma quale spazio essi abbiano per esprimere il proprio potenziale. Dove la libertà è soffocata, anche pochi uomini sono troppi. Dove la libertà è rispettata, anche miliardi di persone possono convivere e prosperare.
Il futuro appartiene a chi non teme l’umanità. A chi sa che ogni bambino che nasce, in un contesto libero, è una risorsa per tutti. Non perché consuma, ma perché pensa, agisce, innova. La vera minaccia non è la sovrappopolazione, ma l’interventismo. La scarsità non nasce dal numero degli uomini, ma dalla loro mancanza di libertà.
Chi guarda con fiducia al mercato, alla proprietà privata, allo scambio volontario sa che non esistono terre sovrappopolate. Esistono terre impoverite dal potere, dalla violenza, dalla pianificazione statale.
La più grande risorsa del mondo non è il petrolio, non è l’oro, non è la terra. È l’uomo libero. Perché solo chi ama la libertà può amare davvero l’umanità: l’uomo libero, che pensa e crea, è infatti la risorsa suprema dell’universo economico.
di Sandro Scoppa