Il Governo vuole soldi per le bollette? Faccia le gare per le reti elettriche e le dighe

mercoledì 26 febbraio 2025


I rincari del gas e dell'energia elettrica derivano da fattori strutturali che difficilmente possono trovare risposta in un provvedimento emergenziale

Il Consiglio dei ministri previsto per ieri è stato rinviato a venerdì, perché la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, giudica insufficienti le proposte avanzate dai ministri Giancarlo Giorgetti e Gilberto Pichetto Fratin contro il caro energia. Secondo le indiscrezioni giornalistiche, sul piatto c’erano coperture corrispondenti a circa tre miliardi di euro, da destinare ai bonus sociali per le famiglie a basso reddito e alle imprese. Se c’è da fare una critica, non è che i soldi erano troppo pochi: è che ce n’erano troppi.

I rincari del gas e dell’energia elettrica derivano da fattori strutturali che difficilmente possono trovare risposta in un provvedimento emergenziale. Non possono essere risolti se non rimuovendone le cause profonde, che riguardano l’offerta di gas a livello globale. Alcuni strumenti per intervenire a dire il vero ci sarebbero: da due anni giace inerte la “gas release”, un meccanismo per aumentare la produzione domestica di gas canalizzando i volumi aggiuntivi, a prezzo scontato, ai grandi consumatori industriali. Purtroppo al momento è tutto fermo perché non si riesce a superare il tabù delle trivelle in Adriatico, sebbene le perforazioni dovrebbero rispettare rigorosi standard ambientali e sarebbero costantemente monitorate. Lo stesso meccanismo potrebbe essere esteso anche a giacimenti in altre aree, sia a terra sia in mare.

Nel breve termine, non c’è dubbio che gli aumenti possano colpire un’economia già stagnante, specialmente per quanto riguarda le imprese energivore ed esposte alla competizione internazionale. Ma allora, invece di inseguire improbabili ridisegni, ha più senso lavorare su un approccio più limitato. Per quanto riguarda le famiglie, in particolare, può aver senso aumentare le risorse a favore del bonus, ma non ampliare la platea dei beneficiari, già oggi piuttosto alta: secondo l’ultimo rapporto dell’Arera sullo stato di attuazione dei bonus, già oggi ne beneficiano 2,5 milioni di famiglie per l’elettricità e 1,5 milioni per il gas. Inoltre, i bonus sono costruiti in modo iniquo perché non tengono conto delle effettive esigenze delle famiglie né del modo concreto in cui esse soddisfano le proprie esigenze energetiche. Anni fa abbiamo proposto una riforma dei bonus per tenere conto di questi fattori: siamo ancora in tempo, ma bisogna volerlo.

Resta il problema delle imprese. In questo caso, la scelta è puramente politica ed entro certi limiti è comprensibile che il Governo voglia contrastare la deindustrializzazione, specie se si tiene conto che anche altri Paesi (come la Francia e la Germania) hanno messo in campo nel tempo ingenti risorse. Un primo importante passo sarebbe dare attuazione alla gas release. Se oltre a questo il Governo intende trovare risorse aggiuntive da usare nell’immediato, può farlo, ma allora dovrebbe rimettere in discussione alcune decisioni recenti: per esempio, la proroga senza gara delle concessioni per la distribuzione elettrica o quella, da tempo in discussione, delle concessioni per le grandi derivazioni idroelettriche. In entrambi i casi, il canone concessorio – determinato in esito alle procedure di affidamento – potrebbe dare all’esecutivo i denari che oggi sta cercando disperatamente per questo o altri scopi. Il Governo può scegliere se piangere miseria o regalare rendite. Non può fare entrambe le cose.


di Istituto Bruno Leoni