Il ritorno del tetto al prezzo del gas

martedì 25 febbraio 2025


Mentre l’Unione europea torna a discutere di un tetto al prezzo del gas, la libertà di mercato e la sicurezza energetica rischiano di essere sacrificate sull’altare di interventi dirigisti e inefficaci.

L’Unione europea si lascia nuovamente sedurre dall’illusione di poter regolare i mercati energetici attraverso interventi autoritari. Secondo il Financial Times e altre testate, la Commissione europea sta valutando l’introduzione di un nuovo tetto temporaneo sul prezzo del gas, quale misura volta a contrastare l’impennata dei costi energetici. Tuttavia, detta strategia, riportata alla ribalta in questo primo scorcio del 2025, rappresenta una seria minaccia per la sicurezza energetica e per la libertà economica del continente. La storia e la teoria economica insegnano che il controllo dei prezzi genera solo scarsità, inefficienza e instabilità.

La legge della domanda e dell’offerta è infatti inesorabile: i prezzi di mercato non sono arbitrari, ma riflettono la scarsità relativa di beni e risorse. Quando i governi impongono un limite massimo al prezzo di una risorsa, come il gas naturale, il risultato è sempre lo stesso: una riduzione dell’offerta e una crescita della domanda. La carenza che ne deriva obbliga a razionamenti, disservizi e maggiori costi nel lungo periodo.

In tal senso è esemplare il tentativo precedente di applicare un price cap nell’inverno 2022, quando la Commissione Ue stabilì un limite di 180 euro per megawattora. Nonostante tale misura non è mai entrata in vigore, poiché i prezzi rimasero al di sotto di questa soglia, essa ha comunque ridotto la convenienza per i fornitori di indirizzare i flussi verso l’Europa, privilegiando invece mercati asiatici disposti a pagare di più. La conseguenza è stata un’impennata dei prezzi all’ingrosso, con imprese e famiglie costrette a sostenere costi insostenibili. L’apparente tutela dei consumatori si è così trasformata in un boomerang devastante.

Tra i maggiori critici dell’interventismo e, specificatamente, di quello sui prezzi, Ludwig von Mises ha spiegato con lucidità e completezza le dinamiche distruttive del controllo dei prezzi. Quando lo Stato interviene per stabilire un prezzo massimo, ostacola la funzione essenziale del sistema di mercato: la trasmissione di informazioni attraverso i prezzi. I produttori, disincentivati, riducono la produzione; i consumatori, al contrario, aumentano la domanda, innescando inevitabili carenze. Lo scienziato austriaco ha quindi evidenziato come tali interventi non risolvano mai i problemi dichiarati, ma ne creino di nuovi, richiedendo ulteriori interventi a cascata: “I prezzi – ha scritto – sono un fenomeno di mercato, generati dal suo processo e quintessenza della sua economia. Non esistono prezzi al di fuori del mercato, né essi possono essere costruiti sinteticamente. Gli stessi sono la risultante di una certa costellazione di dati di mercato, di azioni e reazioni dei membri di una società di mercato. È vano riflettere quali prezzi si sarebbero avuti se talune determinanti fossero state differenti. Tali fantasticherie non sono più sensate delle strane speculazioni su quale sarebbe stato il corso della storia se Napoleone fosse stato ucciso nella battaglia di Arcole o se Lincoln avesse ordinato al maggiore Anderson di ritirarsi da Fort Sumter”.

Vi è anche da considerare che l’energia, bene strategico e vitale, non può essere regolata con strumenti dirigisti. L’innovazione e l’efficienza nascono dalla concorrenza e dalla libertà d’iniziativa, non dai decreti burocratici. L’esperienza del settore energetico statunitense lo dimostra chiaramente: i mercati più liberi, pur attraversando fasi di volatilità, riescono ad adattarsi più rapidamente e a garantire approvvigionamenti stabili.

“Le risorse – ha rilevato Julian Simon – non sono mai davvero scarse se il mercato è libero di innovare”, spiegando così come il progresso tecnologico e l’ingegno umano, in un contesto di libero mercato, trasformino ciò che appare scarso in abbondante. La capacità di innovare, incentivata dalla concorrenza, consente di scoprire nuove fonti, migliorare i processi di estrazione e rendere più efficiente la distribuzione. Il vero limite non è nella materia prima, ma nella libertà dell’individuo di applicare la propria creatività per risolvere i problemi.

Il prezzo del gas, al pari di quello di qualsiasi altra risorsa, è il risultato di complesse interazioni tra attori economici, tecnologie e condizioni geopolitiche. Alterare questo equilibrio con misure artificiali significa minare le fondamenta della sicurezza energetica europea. Gli investitori fuggono di fronte all’incertezza normativa, le imprese ritardano gli investimenti e l’innovazione si arresta.

La soluzione non è nella pianificazione centrale, ma nella liberazione delle forze di mercato. Occorre abbandonare la retorica dell’emergenza permanente e puntare su politiche che incentivino la concorrenza, la diversificazione delle fonti e la ricerca tecnologica. Solo così l’Europa potrà affrontare le sfide energetiche globali senza sacrificare i principi di libertà e responsabilità individuale.

Come ha ammonito Milton Friedman: “Nessuna società che ha perso la libertà economica ha mai mantenuto la libertà politica” mentre Friedrich A. von Hayek, ha ricordato che: “L’emergenza è sempre il pretesto con cui si erodono le libertà”. L’Europa ha il dovere di ascoltare queste lezioni e di respingere la tentazione del controllo statale. Solo il libero mercato, lasciato libero di operare, può garantire un futuro energetico prospero e sicuro.


di Sandro Scoppa