martedì 4 febbraio 2025
Un provvedimento senza precedenti, che ha lasciato un buco nei conti pubblici, drogato il mercato e dimostrato i pericoli dell’interventismo statale.
Il Superbonus, analizzato nel libro Superbonus. Come fallisce una nazione di Luciano Capone e Carlo Stagnaro (Rubbettino, 2024), è l’ennesimo esempio di politica pubblica fallimentare che dimostra quanto sia facile, per uno Stato, distribuire risorse in modo inefficiente e distorcere l’economia con incentivi mal concepiti. Il lavoro, come è sottolineato nelle prime pagine, “non è solo un’indagine su una macroscopica misura di politica economica: è soprattutto un’inchiesta su come funziona il Paese, sui suoi processi decisionali, sugli anticorpi che possiede e sulla forza dei pesi e contrappesi che dovrebbero prevenire scelte insostenibili o comunque tali da pregiudicare la futura politica di bilancio”. Esso con un’analisi puntuale e impietosa, smonta il mito di un provvedimento che, nei proclami dei suoi fautori, avrebbe dovuto rilanciare l’edilizia e migliorare l’efficienza energetica, mostrando invece come abbia prodotto uno squilibrio fiscale insostenibile, gonfiato i costi per i contribuenti e creato un mostro burocratico dalle conseguenze devastanti.
“Il Superbonus ha drenato risorse pubbliche cinque volte superiori a quelle stimate, producendo insieme agli altri bonus edilizi un buco nel bilancio di 150 miliardi (7,5 per cento del Pil)”, scrivono gli autori, sottolineando la macroscopica sproporzione tra il costo effettivo della misura e i suoi benefici reali. Si tratta di una chiara dimostrazione del fallimento della pianificazione economica centralizzata: l’illusione che un manipolo di tecnocrati e burocrati possa orchestrare il mercato meglio dell’interazione spontanea tra individui. L’iniezione forzata di incentivi statali ha infatti generato distorsioni economiche significative, alterando il normale equilibrio tra domanda e offerta nel settore edilizio, facendo esplodere i prezzi dei materiali e favorendo una bolla speculativa senza precedenti.
In siffatto contesto, molte aziende si sono improvvisate nel settore delle ristrutturazioni per sfruttare gli incentivi, con il risultato di lavori eseguiti male e di un aumento dei costi per chi voleva ristrutturare senza usufruire della misura. In sostanza, la logica del provvedimento, basata sul presupposto che la crescita possa essere artificialmente stimolata dalla spesa pubblica, rientrava perfettamente in quella critica all’interventismo statale già formulata da economisti come Ludwig von Mises e Murray Newton Rothbard: lo Stato non può creare ricchezza, può solo redistribuirla in maniera inefficiente, alimentando sprechi e privilegi.
Il consenso bipartisan che ha sostenuto questa misura è poi emblematico della pericolosa convergenza tra statalismo di destra e di sinistra, dove i governi non riescono a resistere alla tentazione di distribuire sussidi a gruppi di interesse consolidati. A tal proposito, nell’opera è sottolineano come l’iniziativa fosse vista a sinistra come uno stimolo alla transizione ecologica, mentre a destra come un incentivo alla ripresa del settore edilizio. “Insomma: il Superbonus godeva di un consenso bipartisan, sembrava costare poco, consentiva di stimolare la ripresa post-pandemica e di rendere più green la nostra economia. Cosa mai poteva andare storto?”, si chiedono ironicamente i due studiosi, prima di documentare l’incredibile serie di errori di valutazione, mancanza di controlli e crescita esponenziale del costo della misura.
Sotto diverso profilo, il beneficio fiscale richiamato ha dimostrato ancora una volta la validità delle teorie economiche sulla spesa pubblica come meccanismo di redistribuzione forzata, in cui il governo sottrae ricchezza ai contribuenti per concederla a pochi privilegiati, generando inefficienze e distorsioni economiche. Dell’agevolazione hanno infatti beneficiato mediamente un numero limitato di proprietari immobiliari (circa 500mila, il 4 per cento del totale), per lo più già benestanti, i quali hanno saputo cogliere immediatamente l’opportunità, prima che fosse sterilizzata attraverso numerose modifiche, aumentando artificialmente il valore delle loro case senza alcuna reale crescita della produttività. Un altro aspetto rilevante è il modo in cui questa politica si è inserita in una logica di “schema Ponzi fiscale”, dove i costi vengono continuamente rimandati e nascosti ai cittadini fino a quando l’intero sistema collassa sotto il peso del debito accumulato. Tale meccanismo, spiegato magistralmente soprattutto da Mises, altro non rappresenta che il risultato inevitabile di un sistema economico in cui lo Stato interviene per dirigere le risorse secondo logiche politiche anziché secondo il principio di efficienza del mercato.
Capone e Stagnaro mettono infine in luce anche il ruolo delle lobby e dei gruppi di pressione che hanno alimentato il mito della misura di cui trattasi, evidenziando come “sarebbe però errato liquidare la vicenda del Superbonus come l’ennesima dimostrazione dell’irresponsabilità del nostro ceto politico (come pure è). In questa vicenda c’è molto di più: c’è una dimostrazione di incontinenza delle cosiddette lobby, inclusi, oltre alle associazioni di categoria, i sindacati e i movimenti ecologisti. Ci sono clamorosi errori dei tecnici che devono stimare il costo delle politiche pubbliche e garantire l’adeguatezza delle coperture; c’è il crollo dell’argine europeo alle spese pazze”. Un ulteriore esempio di come gli incentivi distorti generino corruzione e un’allocazione inefficiente delle risorse, con benefici concentrati su pochi e costi diffusi su tutti gli individui. Nessun altro Stato, è appena il caso di rilevare, ha adottato una formula così estrema e priva di limiti di spesa, avendo apprestato incentivi calibrati con maggiore prudenza per evitare squilibri di bilancio e distorsioni economiche.
In conclusione, il libro, di pregevole fattura e ricco di spunti interessanti, dati e notizie, e arricchito da una approfondita appendice (Quanto è grande il Superbonus?), induce a riflettere sulle profonde conseguenze del Superbonus, che ha rappresentato un tracollo economico e politico. Lo stesso ha messo in luce gravi criticità nella gestione delle politiche pubbliche in Italia e avvertito dei rischi dell’interventismo statale e della fallacia pretesa di poter creare ricchezza con il denaro pubblico, peraltro come se non ci fosse un domani e, di conseguenza, un conto da pagare.
La realtà, come del resto è sempre accaduto nella storia economica, ha ancora una volta smentito l’illusione del pasto gratis, che ha dovuto fare i conti con la dura legge della scarsità delle risorse e le conseguenze non intenzionali dell’interventismo statale. Questa ha lasciato l’Italia con un debito più alto, una crescita inesistente e un settore immobiliare drogato da sussidi che ne hanno alterato le dinamiche di mercato.
(*) Luciano Capone e Carlo Stagnaro, Superbonus. Come fallisce una nazione, Rubbettino 2024, 214 pagine, 16 euro.
di Sandro Scoppa