Il ritorno di Trump e le opportunità nei mercati emergenti

martedì 21 gennaio 2025


Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca comporterà, a mio modo di vedere, una serie di cambiamenti significativi per l’economia globale, con implicazioni però dirette per i mercati emergenti. Questi mercati, che includono Paesi come Cina, Messico, Argentina, India, Turchia, Brasile e molti altri, sono caratterizzati da economie in rapido sviluppo ma anche da una certa vulnerabilità agli shock economici e politici internazionali. Alcuni dei paesi emergenti, in particolare, sono fortemente influenzati dalle politiche monetarie e fiscali degli Stati Uniti, data la loro connessione con il dollaro e la globalizzazione dei flussi commerciali e finanziari.

Le potenziali politiche economiche del nuovo presidente Usa e il loro effetto sul debito sovrano e corporate dei Paesi in via di sviluppo, nonché le opportunità di investimento che potrebbero emergere da questa nuova fase economica, possono essere sintetizzate nel modo che segue. Una delle principali preoccupazioni degli investitori riguarda le sue politiche commerciali.

Durante il suo primo mandato, Trump ha adottato una linea dura nei confronti dei Paesi che riteneva avvantaggiarsi del sistema commerciale globale a discapito degli Stati Uniti, imponendo tariffe e dazi su numerosi prodotti importati. La Cina, il Messico, il Canada e l’Unione Europea sono stati alcuni dei principali obiettivi delle sue politiche protezionistiche.

Se Trump, come sembra, dovesse tornare a implementare misure simili, i Paesi emergenti, che dipendono fortemente dalle esportazioni verso gli Stati Uniti, potrebbero risentirne notevolmente. Tuttavia, anche facendo esperienza di quanto avvenuto nella precedente presidenza del Tycoon , i dazi potrebbero essere utilizzati più come uno “strumento di negoziazione” per ottenere concessioni su altri temi, come la gestione dell’immigrazione, la lotta al traffico di droga o altre questioni geopolitiche. Tuttavia, se i dazi dovessero essere effettivamente aumentati, i Paesi più esposti sarebbero quelli che hanno una forte dipendenza dalle esportazioni verso gli Stati Uniti, come la Cina, il Messico, il Canada e l’Unione Europea. In questo caso, i mercati emergenti potrebbero affrontare una crescente pressione, con impatti negativi sulle loro economie e, di conseguenza, sui loro mercati obbligazionari.

Inoltre, l’imposizione di dazi potrebbe scatenare un aumento dei prezzi, alimentando un fenomeno inflazionistico a livello globale. Questo potrebbe tradursi in uno shock inflazionistico “una tantum”, che avrebbe ripercussioni sulle politiche monetarie, in particolare sui tassi d’interesse. L’inflazione crescente potrebbe spingere la Federal Reserve a un rialzo dei tassi d’interesse, una mossa che influenzerebbe direttamente i mercati emergenti, che tendono a essere particolarmente vulnerabili ai tassi più elevati a causa della loro maggiore esposizione ai capitali esteri e al rischio di valuta.

D’altro canto, un’altra possibile politica di Trump potrebbe essere quella di stimolare la crescita economica attraverso una politica fiscale espansiva. Questo approccio, che prevede incentivi fiscali e tagli delle imposte, potrebbe teoricamente favorire la crescita negli Stati Uniti, ma comporterebbe anche un aumento del debito federale e un deficit maggiore. Sebbene una crescita più elevata negli Stati Uniti possa avere effetti positivi sul commercio internazionale, la maggiore domanda di beni e servizi potrebbe spingere le esportazioni da Paesi emergenti come il Messico, la Cina, il Vietnam e l’India. Un aumento delle esportazioni potrebbe contribuire a rafforzare le riserve valutarie e stabilizzare le economie di questi Paesi, rendendoli più resilienti alle turbolenze esterne.

Ciò detto, il debito dei mercati emergenti ha mostrato segnali di ripresa negli ultimi anni, dopo aver subito pesanti perdite durante la pandemia e gli shock economici successivi. Nonostante le difficoltà globali, come la crisi immobiliare cinese nel 2021 e l’instabilità causata dalla guerra in Ucraina nel 2022, l’asset class dei mercati emergenti ha registrato performance superiori rispetto a molte altre aree del mercato obbligazionario. Paesi come l’Argentina, che hanno attuato riforme economiche strutturali e politiche fiscali più rigide, sono diventati esempi di come i mercati emergenti possano risollevarsi rapidamente se implementano politiche adeguate.

Nel 2024, più di 15 Paesi emergenti hanno visto il loro rating migliorato, il che riflette una crescente fiducia da parte delle agenzie di rating internazionali e degli investitori. Questo miglioramento delle prospettive è stato alimentato dalle riforme strutturali che hanno permesso a molte economie di adattarsi alle nuove sfide globali, aumentando la loro resilienza.

Inoltre, alcuni Paesi emergenti continuano a offrire rendimenti obbligazionari molto elevati, soprattutto rispetto ai mercati sviluppati, dove i tassi di interesse sono rimasti relativamente bassi. Ad esempio, i titoli di Stato turchi a 2 anni, con un rendimento del 37 per cento, rappresentano un’opportunità interessante per gli investitori disposti a prendere rischi elevati, mentre i titoli di Stato cinesi a 10 anni, con rendimenti intorno all’1,6 per cento, risultano meno attraenti.

Ciò detto, l’amministrazione Trump vedrà sicuramente il mercato finanziario svolgere una selezione accurata delle opportunità di investimento, soprattutto verso i Paesi emergenti, che presentano un rischio maggiore ma anche un potenziale di rendimento molto più elevato rispetto ai mercati sviluppati. C’è d’aspettarsi, dunque, un approccio generalmente altamente selettivo e flessibile; difatti, ogni Paese presenta un mix unico di fattori politici, economici e finanziari che influenzano il rischio e il rendimento e ciò determina un rapido adattamento della strategia di investimento in base alle circostanze.

Inoltre, i Paesi con mercati obbligazionari meno liquidi o instabili saranno certamente evitati dagli investitori più accorti, poiché possono esporli a rischi eccessivi. La liquidità, infatti, è una delle principali variabili da considerare quando si investe in obbligazioni sovrane o corporate nei mercati emergenti.

Il ritorno di Trump alla presidenza degli Stati Uniti, quindi, segna un punto di svolta anche per i mercati emergenti, con possibili politiche economiche più protezionistiche, ma anche con opportunità per Paesi che sono riusciti a implementare riforme strutturali e che continuano a offrire elevati rendimenti obbligazionari.

Ciò detto va comunque sottolineato come, sebbene i rischi siano elevati, soprattutto per quanto riguarda l’inflazione e l’instabilità economica globale, i mercati emergenti rimangono un segmento interessante per gli investitori disposti a navigare tra le sfide geopolitiche ed economiche con un approccio selettivo e flessibile. In questo contesto, un’analisi accurata delle politiche economiche di ciascun Paese e una selezione mirata dei titoli sono fondamentali per capitalizzare sulle opportunità offerte dal debito sovrano e corporate dei mercati emergenti.

(*) Economista


di Enea Franza (*)