giovedì 12 dicembre 2024
Il regolamento europeo sugli affitti brevi, recentemente approvato e la cui entrata in vigore è prevista per il 2026, non apporterà vantaggi significativi. L’unico effetto rilevante sarà quello di ostacolare la crescente domanda nel mercato immobiliare e turistico a questo riguardo. L’Unione europea sostiene che questa misura creerà un “sistema più trasparente e responsabile” per locatori e locatari, oltre che per le grandi piattaforme online come Airbnb, Booking, e simili. Ma è davvero così? Il nuovo Codice unico europeo prevede registrazione obbligatoria dei dati da parte dei locatori, che dovranno fornire informazioni complete e affidabili alle autorità competenti, controlli casuali rivolti alle piattaforme online e la rimozione di annunci ritenuti non conformi alle nuove norme. Per di più, sarà istituito un monitoraggio centralizzato: gli Stati membri creeranno un punto di ingresso digitale per raccogliere dati dettagliati sui soggiorni e sugli ospiti.
Queste misure sono state presentate dai politici dell’Unione come la soluzione a problemi quali gli affitti illegali, l’aumento dei prezzi degli immobili e la concorrenza sleale, ma nascondono in realtà una preoccupante tendenza verso un maggiore controllo statale. Se andiamo ad analizzare le tendenze di questi ultimi anni, notiamo che in tutto il mondo occidentale, fatte rarissime eccezioni, gli affitti brevi – una nicchia del mercato immobiliare relativamente giovane – vengono presentati come pericolosi nei riguardi di quei settori più affermati della stessa area di mercato, come, per esempio, quello delle grandi catene alberghiere o degli affitti a lungo termine. Per tale motivo, un po’ dovunque, in Europa, negli Stati Uniti, in Canada e altrove, governi centrali e locali stanno escogitando regole e leggi per limitare gli affitti brevi, o addirittura eliminarli del tutto.
Questa è, per esempio, la situazione auspicata dalla classe politica in molte grandi città con notevole affluenza turistica, come Parigi e Barcellona. Se però esaminiamo la situazione degli affitti brevi in realtà come quella cinese, possiamo vedere un esempio illuminante di come la regolamentazione degli affitti brevi da parte dell’Unione europea e dell’Occidente, che ufficialmente si definiscono un polo geopolitico “neo-liberista” favorevole al capitalismo e al libero mercato, si stia avvicinando sempre più allo stile applicato dal Partito comunista cinese, nella sua variante del “socialismo di mercato”. In Cina, infatti, i proprietari di alloggi a breve termine devono registrarsi in una banca dati nazionale e ottenere un codice identificativo obbligatorio. Le grandi piattaforme cinesi online, come Tujia, sono obbligate a condividere dati personali degli ospiti con il Governo in tempo reale.
Vi ricorda niente? Questo sistema estremamente centralizzato ha portato, tra le altre cose, alla chiusura di Airbnb in Cina nel 2022. Non c’è alcuna significativa differenza tra la politica cinese sugli affitti brevi e la politica allo stesso riguardo che si vuole proporre in Unione europea. Gli affitti brevi non rappresentano certo l’unico settore di mercato coinvolto in simili processi di regolamentazione. Tuttavia, se l’Europa seguisse interamente questa strada, si potrebbe assistere a un allontanamento definitivo dai principi di libertà economica che hanno caratterizzato, almeno ufficialmente, la sua formazione. Questa interessante osservazione fa venire in mente una lezione dimenticata del grande economista Ludwig von Mises (1881-1973), esponente della Scuola austriaca di economia, il quale, in una sua opera poco nota, L’interventismo conduce al socialismo (The Middle Road leads to Socialism), mostra come la cosiddetta terza via, quella dell’interventismo, in realtà è una premessa all’applicazione graduale di una politica di tipo socialista, o addirittura comunista.
In definitiva, la scelta non può che essere tra libero mercato e mercato controllato (dallo Stato): non può esistere una Terza via. Come Mises fa notare, ogni regolamentazione crea inevitabilmente distorsioni che richiedono ulteriori interventi, avviando un ciclo che erode progressivamente la libertà economica. Nel caso degli affitti brevi, il controllo dei dati e la supervisione delle piattaforme potrebbero essere solo il primo passo verso una gestione sempre più dirigista. L’interventismo, secondo Mises, porta inevitabilmente a una pianificazione centralizzata che soffoca l’innovazione e il dinamismo. Da un lato, l’Unione europea riconosce i benefici economici e turistici degli affitti brevi; dall’altro, introduce restrizioni che potrebbero minare questi stessi benefici.
Problemi come l’aumento dei prezzi degli immobili e la “concorrenza sleale” non derivano, in effetti, dalla mancanza di regolamentazione, ma da politiche fiscali e urbanistiche spesso gravemente errate e dannose per i cittadini. Mises, creando non poco scandalo all’epoca, fece notare le grandi somiglianze tra la politica economica attuata nel Terzo Reich di Adolf Hitler (una “Terza via” tra il capitalismo e il socialismo, come dicevano gli stessi entusiasti promotori di regime) e quella di matrice keynesiana attuata negli Stati Uniti d’America. Oggi potremmo fare un paragone simile, mettendo però a confronto la Cina comunista e l’Unione europea pseudo-capitalista. Nihil novi sub sole! Una prospettiva liberale suggerirebbe alternative meno invasive al problema degli affitti brevi: ridurre la pressione fiscale su piccoli e grandi proprietari per incoraggiare l’offerta di alloggi e venire incontro alle diverse necessità dei clienti del mercato turistico e immobiliare, eliminare i vincoli burocratici, permettere alle comunità di adottare soluzioni su misura senza imposizioni centralizzate, e così via su questa linea.
Invece di imitare modelli che limitano la concorrenza e rafforzano il controllo statale, l’Europa dovrebbe riscoprire davvero i principi del libero mercato. Come sottolinea Mises, solo un sistema basato sulla libertà di impresa può garantire prosperità e innovazione nel lungo termine. La regolamentazione degli affitti brevi rappresenta un campo di battaglia tra due visioni opposte: da una parte, la libertà economica e il dinamismo del mercato; dall’altra, il controllo statale e la centralizzazione. La scelta dell’Europa non influenzerà solo il settore turistico, ma definirà il futuro del suo modello economico e sociale. Optare per la libertà significa non solo preservare un mercato florido, ma anche difendere i valori che hanno reso l’Occidente un faro di prosperità e innovazione.
di Gaetano Masciullo