Turismo sotto assedio: proteggere la libertà di scoprire il mondo

lunedì 18 novembre 2024


Le nuove misure restrittive proposte per il turismo minacciano la libertà di movimento e lo sviluppo economico. L’innovazione è la chiave per salvaguardare entrambi.

“Viaggiare rende modesti. Ci mostra quanto è piccolo il posto che occupiamo nel mondo”, ha scritto Gustave Flaubert, il celebre autore francese del capolavoro Madame Bovary, riflettendo sul valore culturale e personale dell’esplorazione. Il turismo, nelle sue varie forme, ha sempre rivestito un ruolo fondamentale per l’umanità. Fin dall’antichità, i viaggiatori si sono mossi per esplorare terre sconosciute, conoscere culture diverse e creare connessioni con popoli lontani.
Dai pellegrinaggi religiosi alle rotte mercantili, il desiderio di scoprire il mondo è stato motore di scambi, innovazione e progresso, portando benessere e sviluppo nelle aree visitate, come ne era ben consapevole Johann Wolfgang von Goethe, per il quale: “Quando viaggiamo, ci mettiamo sulla strada per diventare migliori e più completi, scoprendo ciò che siamo attraverso ciò che il mondo è”.

Con il tempo, il turismo è diventato un settore economico complesso e articolato, sostenuto da infrastrutture e servizi che ne hanno amplificato la portata globale. Oggi, in un mondo sempre più aperto e tecnologicamente avanzato, il viaggio costituisce non solo una via di arricchimento personale, ma anche uno strumento di crescita economica e sociale, un mezzo di libertà e di interazione culturale.
Rappresenta infatti una delle espressioni più pure della libertà individuale che si esprime nel mercato libero e porta benefici che vanno oltre il profitto e contribuiscono alla crescita sociale, culturale ed economica delle società.
In sostanza, il turismo non è solo svago, ma una forma avanzata di interazione sociale ed economica, basata sul principio della libera circolazione, oltre a rappresentare un pilastro essenziale dell’economia. Soprattutto in Paesi come l’Italia, ricchi di storia, arte e cultura, nei quali non si limita a sostenere settori come ospitalità e commercio, ma genera benefici diffusi in tutto il sistema sociale e produttivo.

A fronte di ciò, risulta evidente come le iniziative restrittive introdotte o annunciate in alcune città italiane si pongano in stridente contrasto con i principi sopra espressi e siano destinate non solo a infliggere un duro colpo alle libertà individuali e all’economia, quanto ad attivare contestualmente una preoccupante deriva dirigista, che finisce per ridurre, anche in modo consistente, la libertà di movimento e di impresa.

Né si può ritenere che siffatte misure siano ammissibili o, peggio, essenziali per garantire una presunta sostenibilità ambientale o la tutela dei patrimoni culturali, come vengono in genere giustificate dalle istituzioni, sovente soggette a pressioni di gruppi di interesse. Queste ipotetiche esigenze, da un lato, non possono essere perseguite sacrificando diritti fondamentali e beni primari, come la libertà economica: ogni individuo ha il diritto di viaggiare e scoprire il mondo, un diritto che rappresenta il fondamento delle moderne società aperte e del mondo globalizzato; dall’altro, tali restrizioni finiscono per colpire una vasta rete di settori interconnessi, con ricadute dirette su trasporti, mobilità, edilizia e servizi pubblici e privati. Aggiungasi poi che, ogni limitazione alla libertà individuale imposta dallo Stato tende a indebolire la capacità del mercato di rispondere in modo efficace alle esigenze delle persone, generando inefficienze, soffocando l’iniziativa privata e riducendo le opportunità di crescita e innovazione.

Addentrandosi più in profondità nella situazione italiana, balza subito in evidenza come il turismo di massa, anziché rappresentare un’opportunità da cogliere, abbia spesso e paradossalmente alimentato reazioni ostili e condotto all’adozione di misure restrittive nelle principali città d’arte, con Venezia, Firenze e Roma in prima linea. A Venezia, ad esempio, l’introduzione del contributo di accesso per i turisti giornalieri ha innescato un acceso dibattito, suscitando timori tra gli operatori economici locali. Presentata come una soluzione al fenomeno dell’overtourism e alla tutela del patrimonio cittadino, la misura rischia di trasformarsi in un ulteriore intervento dirigista, creando barriere artificiali alla libera circolazione delle persone. Questo approccio potrebbe non solo penalizzare il mercato turistico, ma anche intaccare la vitalità economica della città, compromettendo le attività locali e limitando la libertà individuale di accesso a un patrimonio universale.

A Firenze, il Comune ha recentemente adottato provvedimenti come il divieto di installare keybox all’esterno degli edifici del centro storico e nuove limitazioni alle locazioni turistiche brevi. Le misure in questione hanno sollevato critiche, paventando il rischio di soffocare le piccole imprese e alterare il mercato immobiliare. Il risultato? Una città sempre meno accessibile non solo ai turisti, ma anche agli stessi residenti, compromettendo l’equilibrio sociale ed economico di uno dei centri culturali più visitati al mondo.

A Roma, interventi come la chiusura temporanea della Fontana di Trevi per lavori di manutenzione e l’installazione di una passerella per avvicinare i visitatori hanno suscitato polemiche sia in Italia che all’estero. Il New York Post, ad esempio, ha descritto la fontana trasformata temporaneamente in un “pozzo dei desideri” simile a una “piscina comunale”, deludendo chi si aspettava di trovarsi di fronte alla sua maestosa bellezza originaria.

Per completare il quadro, vale un accenno del diverso livello internazionale, che ha visto città come Barcellona, Parigi e Amsterdam sperimentare misure simili, introducendo regolamentazioni sugli affitti brevi e limitazioni di accesso ai centri storici. Sebbene siano spesso giustificate con l’intento di preservare l’identità culturale e ridurre l’impatto ambientale, dette politiche stanno infliggendo un duro colpo alle economie locali, riducendo le opportunità di lavoro e crescita per comunità che dipendono in modo significativo dal turismo.

In definitiva, il turismo rappresenta una delle più autentiche manifestazioni della libertà di scoprire e della curiosità umana, qualità che trovano piena espressione solo in assenza di limitazioni. Tutelare il relativo settore è fondamentale per garantire un accesso libero e aperto alle bellezze e al patrimonio culturale che ogni luogo del mondo ha da offrire. È necessario promuovere soluzioni innovative che salvaguardino l’iniziativa individuale e la libera impresa, con la certezza che l’ingegno umano e l’organizzazione spontanea costituiscono le risposte più efficaci e durature.

Al contempo, devono essere fermamente respinte tutte le misure restrittive che ostacolano lo scambio di culture, idee e servizi, privando le comunità di opportunità di arricchimento reciproco, soffocando la libera iniziativa e compromettendo la vitalità economica delle società. La storia ci insegna che l’uomo possiede una straordinaria capacità di affrontare e risolvere i problemi grazie al proprio ingegno e alla capacità di adattamento, qualità che emergono con forza in un mercato libero, non condizionato dall’interferenza dello Stato.

La soluzione al sovraffollamento o all’impatto ambientale non risiede in barriere che, lungi dal risolvere le criticità, danneggiano il turismo e limitano la libertà di movimento. Al contrario, occorre un mercato aperto, capace di rispondere alle esigenze con efficienza, flessibilità e innovazione, senza imporre inutili sacrifici alla libertà economica e personale.

Imporre restrizioni al turismo equivale, in ultima analisi, a rinunciare alle opportunità di crescita sociale, culturale ed economica che esso è in grado di offrire: “Il viaggio – ha affermato il politico e scrittore britannico Benjamin Disraeli in un discorso al Parlamento inglese – è il miglior investimento nella propria conoscenza e libertà: ci permette di imparare dal mondo e di tornare con occhi nuovi”.


di Sandro Scoppa