martedì 12 novembre 2024
Tra tecnologia, regolamentazioni e distorsioni di mercato, il disinteresse dei ladri per le auto elettriche rivela molto più della semplice sicurezza: è un campanello d’allarme per chi crede ancora che sussidi e incentivi statali possano guidare il futuro.
Le auto elettriche sono state salutate, soprattutto da ambientalisti e loro seguaci, come il futuro della mobilità sostenibile e una soluzione ai problemi ambientali del mondo moderno. Tuttavia, dietro questa propaganda di successo si nasconde un fenomeno curioso: queste vetture sembrano essere quasi del tutto immuni ai furti. È un fatto che a prima vista potrebbe sembrare un segno di sicurezza tecnologica superiore; in realtà svela dinamiche economiche e di mercato molto più complesse. Le auto elettriche, pur essendo dotate di sistemi di sicurezza avanzati, sembrano non essere abbastanza appetibili neppure per i ladri!
Diversi studi, come quello di Informazione.it, che ha pure ripreso altri contributi stampa del medesimo tenore, offrono un’analisi dettagliata dei motivi per cui i malfattori evitano le vetture green. Le stesse vanno dalla difficoltà di smontare e rivendere le parti, come le batterie al litio, che sono complesse da gestire e hanno un mercato molto limitato, alla presenza di tecnologie avanzate di tracciamento, come i Gps integrati e i sistemi di blocco remoto.
I dati dimostrano inoltre che, in Italia, tali veicoli rappresentano ancora una piccola frazione del parco circolante: solo il 4,3 per cento, come segnalato dalla rivista specializzata Auto.it. Con una penetrazione così bassa, i malintenzionati preferiscono concentrarsi su macchine più diffuse e tradizionali, come i Suv, che rappresentano oltre il 50 per cento di quelli rubati, grazie all’ampia disponibilità di parti di ricambio richieste dal mercato nero.
La tecnologia gioca, quindi, un ruolo importante, ma non è l’unico fattore. L’infrastruttura di ricarica limitata complica ulteriormente la gestione di un’autovettura elettrica rubata, rendendo difficile per un malvivente utilizzarla o nasconderla senza dover affrontare la necessità di ricariche frequenti e spesso tracciabili. Vi è anche da considerare che i componenti elettrici, essendo ancora relativamente nuovi e meno diffusi, non hanno un mercato nero sviluppato come quello delle auto a combustione interna.
A parte ciò esiste, però, una ragione ancora più profonda dietro il disinteresse dei ladri: le vetture green non sono percepite come beni di alto valore. Il che rimanda a una riflessione economica fondamentale. Il valore di un bene non è intrinseco, ma è determinato dal giudizio degli individui e dal mercato: “Il valore è la misura dell’importanza che attribuiamo al possesso di un bene per il mantenimento della nostra vita e del nostro benessere ‒ ha scritto infatti Carl Menger, che ha poi specificato che ‒ il valore non sorge dal fatto che un bene è prodotto con lavoro o fatica, ma perché risponde ai bisogni umani”.
Nel caso dei mezzi di cui si discute, il mercato ‒ e in questo caso, persino il mercato nero ‒ sembra non attribuire loro un valore elevato, ritenendo che non contribuiscono al soddisfacimento di esigenze individuali e dei potenziali consumatori. Gli indicati mariuoli, che agiscono in base al valore economico immediato e alla facilità di smontare e rivendere un bene, trovano in realtà poco appetibili dette autovetture.
E ciò riflette una valutazione che, a sua volta, è influenzata da vari fattori: la complessità tecnica, l’assenza di una domanda significativa di componenti elettrici e le difficoltà logistiche nel gestire veicoli che necessitano di infrastrutture specifiche per operare.
Né può essere tralasciata la circostanza che, malgrado le forti spinte incentivanti da parte del governo e i sussidi per l’acquisto di veicoli ecologici, questi non hanno ancora incontrato una domanda sufficiente a renderli economicamente rilevanti per i consumatori onesti e neppure per quelli illegali, gestiti da ladri e ricettatori.
Questi, com’è evidente, proprio per mancanza di una richiesta significativa per i componenti di tali auto, preferiscano orientarsi verso veicoli tradizionali, già integrati in un solido mercato nero consolidato. Diversamente, se il mercato non fosse ostacolato ma lasciato libero di operare senza interventi statali trasmetterebbe, attraverso i prezzi, le informazioni necessarie per captare il reale valore delle auto elettriche, le quali, allo stato, proprio per le sovvenzioni pubbliche, esprimono a una domanda artificiosa, che non riflette il loro autentico valore.
In conclusione, l’apparente immunità delle auto elettriche ai furti non è un trionfo della tecnologia, ma piuttosto il riflesso di un valore percepito basso e di un mercato che non le considera ancora beni di interesse.
La lezione è chiara: solo un mercato libero, non distorto da regolamentazioni e sussidi, può determinare il vero valore di un bene. Fino a quando le autovetture green non riusciranno a conquistare una domanda spontanea e non incentivata, rimarranno beni secondari, troppo sicuri non perché avanzati, ma perché semplicemente ignorati, anche dai ladri.
di Sandro Scoppa