giovedì 24 ottobre 2024
Daron Acemoğlu, Simon Johnson e James A. Robinson vincono il Premio Nobel per l’Economia 2024 “per gli studi su come le istituzioni si formano e influenzano la prosperità”.
“Ridurre le enormi differenze di reddito tra i Paesi è una delle più grandi sfide del nostro tempo. I vincitori hanno dimostrato l’importanza delle istituzioni sociali per raggiungere questo obiettivo”, ha dichiarato Jakob Svensson, presidente del Comitato per il Premio in scienze economiche. Il Nobel ai tre economisti – Acemoğlu e Johnson del Mit di Cabridge e Robinson dell’Università di Chicago – guarda ai loro studi su come la colonizzazione, introducendo nuovi modelli di società, ha influenzato in un senso o nell’altro la prosperità nei Paesi colonizzati. La conclusione generale è – come spiega l’Accademia – che “le società con un debole Stato di diritto e istituzioni che hanno sfruttato la popolazione non generano crescita o cambiamenti positivi. La colonizzazione da parte delle potenze europee è stata di fatto una predazione senza limiti morali ma spinta solo dalla ricerca dell’oro; i rari casi dove la colonizzazione è stata meno distruttiva si contano sulle dita di una mano; la corruzione portata dagli europei ha distrutto civiltà antiche lasciandole in miseria. Questa è la storia che si ripete come aveva intuito Giambattista Vico nel sul lavoro Historia nova del 1711, trama poi seguita da sociologi, antropologi che hanno scavato in tremila anni di storia arrivando alla conclusione che la storia si ripete non in modo meccanicistico ma sempre con gli stessi cicli e cadenze.
Ora leggere queste prime considerazioni sembra di scoprire l’acqua calda perché i temi affrontati dai tre studiosi sono la lettura della storia fatta da sociologi insigni come Pitirim Sorokin che nel 1933 fondò la facoltà di Sociologia di Harvard che ha studiato 30 secoli di storia per capire la crescita delle civiltà e il loro collasso, Arnold J. Toynbee che nel 1947 in Civiltà al paragone scriveva che il dominio americano del dopoguerra sarebbe durato tre generazioni poi sarebbe passato all’estremo oriente, Romano Guardini poi Hans Urs von Balthasar e altri ma prima di loro il tema della crescita e del collasso delle istituzioni era stato trattato da Giambattista Vico La storia nuova e che Historia se repetit. Siamo di fronte ad una crisi antropologica prevista da questi eminenti studiosi oltre 50 anni fa; ma oggi con una sorprendente finta novità ci mettiamo a studiare quello già scritto. Questa ingenuità, forse falsa, si stacca dalla finanza egemone che ha modificato il Dna dell’economia da scienza sociale a scienza positiva come aveva ammonito dell’errore Friedrich von Hayek nel 1974 in occasione della consegna del Nobel. Sorprende questa elevazione all’economia quando le scienze che studiano l’uomo, le sue istituzioni e i suoi drammi sono magistralmente scritti dagli insigni studiosi che hanno anticipato i tempi ma non sono mai stati letti e ora, come detto, in modo naif si scopre l’acqua calda. Che un’Istituzione come l’Accademia di Svezia cada in un errore così grossolano è sbalorditivo e significativo delle sue collusioni.
Proviamo a riprendere le previsioni dei sociologi e antropologi sull’avvio delle istituzioni, più semplicemente civiltà per provare a mettere questo premio ad un luogo più idoneo. L’uomo si è sempre chiesto il senso della propria vita cercando la risposta alle domande essenziali. Questa ricerca è cominciata nell’antica Grecia dove gli studiosi non pongono dogmi come succede oggi. Tutti gli studiosi greci nel loro intimo furono filosofi vedendo l’uomo come elemento da cui partire; quel tempo dal V secolo avanti Cristo pose le fondamenta del pensiero moderno creando le premesse del cristianesimo. Per Tucidide lo storico deve fornire ai decisori politici gli strumenti per capire il presente e prevedere il futuro. Lo stesso contesto creativo si ritroverà nel periodo del rinascimento italiano e il termine con cui si può definire quei tempi è l’armonia.
Si prepara il terreno a Vico che è il primo studioso innovativo nella storia; Vico si sofferma sul divenire delle società e se sia possibile trovare delle costanti nella storia; nell’evoluzione della storia dell’uomo vi sono tappe che alternano che si susseguono. Il percorso della civiltà è progressivo ma quando raggiunge l’apice gli stili di vita si indeboliscono, si corrompono e si degradano verso una forma di barbarie con violenza ed egoismo. Per Vico le ere storiche si alternano come il periodo degli dei, degli eroi e degli uomini barbari che definisce in questo modo estremamente attuale: “Me se i popoli marciscano in quell’ultimo civil malore accostumati di non altro pensare ch’alle particolari utilità di ciascuno allora la Provvidenza porrà rimedio riportando l’uomo al tempo degli dei”. È esattamente quello che è successo tra il tardo e collassante impero romano e il Medioevo che riscopre la divinità e prepara il Rinascimento.
Oggi l’attenzione prevalente alla razionalità inesistente del mondo della finanza ha fatto perdere di vista la dimensione sociale della vita e le scienze sociali si occupano della società umana trattandola come una colonia di termiti, di api e di formiche. Siamo di fronte ad una crisi antropologica e non economica ma lo studio esclusivo dell’economia ottunde i cervelli e uccide la creatività. Pitirim Sorokin studia 30 secoli di storia e cataloga i periodi storici e i modelli culturali che ne fanno da supporto in tre stadi simili a quelli di Vico: ideazionale, sensistico ed idealistico, il modello attuale è la cultura sensistica l’opposto di quella ideazionale come scriveva nel 1941 ne La crisi del nostro tempo. Sorokin dimenticato costruisce un’imponente documentazione empirica per capire la crescita delle società/istituzioni, e il loro declino, in particolare punta il dito del declino sulla cultura tecnica e descriverà con una precisione stupefacente le caratteristiche del nostro periodo culturale destinato al collasso.
Infine, Arnold J. Toynbee che come Vico e Sorokin fa leva sulla natura dell’uomo continuamente combattuto tra l’Eros e la Thanatos, esiste un legame con la natura dell’uomo di cui oggi vediamo un nichilismo distruttivo che porta al collasso le società dell’uomo. Nel suo ultimo lavoro del 1965 scriveva che le società si evolvono attraverso un meccanismo di sfida e risposta ovvero di interazione tra ambiente esterno e capacità di dominare gli eventi esterni che consentono il progresso delle società e delle loro istituzioni: “E in tal modo, se il congegno della sfida e della replica spiega le inesplicabili origini e crescita delle civiltà, esso spiega altresì il loro crollo e la loro disintegrazione che comincia quando nelle élite che governano viene meno la creatività in grado di rispondere in modo nuovo alle sfide portate dall’ambiente esterno. Per incapacità o per supponenza la società lentamente perde la sua forza vitale e comincia a collassare”.
Questo è quello che vediamo ogni singolo giorno di una élite che ha perso contatto con le realtà; forse prima di dare un Nobel sulla storia già scritta si poteva evitare ma le stesse élite dell’Accademia di Svezia hanno perso la capacità di capire la storia offrendoci l’acqua calda. Gli illustri Nobel americani potrebbero mettersi a cimento per capire come mai il loro paese, gli Usa, in cui vivono e studiano le disfunzioni sociali è il Paese con la maggiore disuguaglianza al mondo una ricchezza concentrata al massimo livello, una crescente massa di homeless, di disoccupati e una società esplosiva come si può vedere nei seguenti grafici che mostrano lo scollamento tra ricchezza e povertà come i seguenti grafici mostrano drammaticamente l’asimmetria tra i Nobel e la società in cui studiano. Esaminando queste slide degli Usa potrebbe essere un buon inizio della crescita e collasso delle società e provare a scoprire che è solo una buona società fondamento dell’economia e non viceversa.
(*) Professore emerito dell’Università Bocconi di Milano
di Fabrizio Pezzani (*)