lunedì 21 ottobre 2024
Al di là di ogni retorica e strategica preoccupazione denunciata dal teatrino politico internazionale in generale e da quello della “Casa Bianca” in particolare, il mercato del petrolio resta sotto controllo, anche se “l’oro nero” ha raggiunto il record di aumento del prezzo degli ultimi due anni.
Prima di farsi irretire da qualsiasi allarmismo urge analizzare i fatti maggiormente per quello che non si conosce a causa dei silenti media generalisti al riguardo che per ciò che ci viene propinato, il quale genera solamente una inquietante ansia.
Nello specifico, il recente aumento dei prezzi del petrolio a seguito dei conflitti e delle tensioni geopolitiche in Medio Oriente è un dato indicativo delle complesse dinamiche che caratterizzano il mercato petrolifero attuale. Tuttavia, nonostante questi eventi critici, il mercato sembra mantenere una certa calma, e ci sono diversi motivi per cui questo sta accadendo.
In primo luogo, la disponibilità di risorse petrolifere è rimasta elevata. L’Opec Plus ha, come riferito, abbattuto la produzione negli ultimi due anni, ma fatica a reintegrare i barili sul mercato a causa della domanda stagnante, specialmente in un contesto economico fragile come quello della Cina. La capacità di riserva dell’Opec Plus si attesta su oltre 5 milioni di barili al giorno, creando uno spazio di manovra che allevia le tensioni immediate legate all’offerta.
In secondo luogo, la reazione del mercato ai rischi di interruzione dell’offerta si è dimostrata meno frenetica nel tempo, tenendo conto anche del fatto che il prezzo del Brent è sotto gli 80 dollari al barile. Inoltre, l’accesso a dati dettagliati e in tempo reale, grazie a tecnologie come la sorveglianza satellitare e il monitoraggio della navigazione marittima, ha contribuito a limitare le risposte esagerate alle potenziali perturbazioni.
Infine, le recenti distensioni geopolitiche, come l’accordo tra Iran e Arabia Saudita mediato dalla Cina, hanno ulteriormente diminuito il rischio di escalation. Nonostante il potenziale di provocazioni da parte dell’Iran, un attacco diretto a un vicino o il blocco dello Stretto di Hormuz appare ora meno probabile.
La situazione rimane delicata, e sebbene un attacco israeliano alle infrastrutture petrolifere iraniane potrebbe provocare un aumento dei prezzi, il mercato sembra non considerare imminente una crisi grave. Fattori come la debole domanda di petrolio, la crescente adozione di veicoli elettrici e la lenta ripresa economica della Cina tendono a mitigare gli aumenti. Inoltre, la difficoltà dell’Opec Plus nel mantenere la propria credibilità e nel stabilizzare i prezzi suggerisce che le sfide per il cartello rimangono significative, con circa 5 milioni di barili al giorno di capacità produttiva pronti a intervenire se necessario per proteggere la propria quota di mercato.
In definitiva, il mercato petrolifero si trova in un periodo di transizione, in cui le tensioni geopolitiche coesistono con una nuova realtà economica e tecnologica che potrebbe riformulare le priorità degli investitori e degli operatori.
“Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”
(da “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa)
di Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno