Una rivoluzione necessaria: liberare la casa dalla morsa fiscale

lunedì 14 ottobre 2024


L’Imu e le altre tasse sulla proprietà non sono solo strumenti fiscali, ma attacchi sistematici alla libertà dei cittadini. È tempo di un cambiamento radicale.

L’approfondimento recentemente pubblicato dall’Ansa, nel quale ha elencato le varie (tante!) tasse che gravano sulla casa, dall’Imu fino alle imposte di registro, non è che l’ennesimo campanello d’allarme di un sistema fiscale che ha ormai perso ogni proporzione. L’Italia è divenuta un esempio perfetto di come la tassazione, piuttosto che essere uno strumento per finanziare i servizi pubblici, si sia trasformata in una trappola che opprime i proprietari immobiliari, danneggia l’economia e mina le basi stesse della libertà individuale.

Il settore immobiliare è da sempre considerato un pilastro dell’economia italiana, contribuendo alla creazione di ricchezza, lavoro e stabilità sociale. Tuttavia, l’eccessiva pressione tributaria imposta sugli immobili ha prodotto l’effetto opposto: contrazione del mercato, riduzione degli investimenti e un costante aumento delle difficoltà per i cittadini nel gestire e mantenere la propria abitazione.

Ma andiamo a fondo nelle principali criticità.

L’Imu (Imposta municipale unica), innanzi tutto. Concepita come un’imposta temporanea e mirata, si è trasformata quasi subito in una delle principali fonti di entrata per i comuni, senza alcun miglioramento tangibile dei servizi. La distorsione di fondo è evidente: la tassa colpisce tutti i possessori di immobili, che si tratti di prime (esclusi solo alcuni casi) o seconde case, senza tenere in adeguata considerazione il valore reale e il contesto economico. Il risultato è che milioni di cittadini italiani pagano una tassa che non solo grava sui loro redditi, ma li priva della possibilità di investire nel proprio bene o nell’economia locale.

Riguardata da altro punto di vista, il tributo in questione rappresenta una violazione del diritto di proprietà. Non esiste alcuna giustificazione etica per imporre una tassa su un bene che è già stato acquistato e per il quale sono già stati riscossi tributi come l’Iva o quelle di registro. In altre parole, l’Imu agisce come un prelievo forzato mascherato, che non tiene conto della capacità contributiva del cittadino, che trasforma in un perpetuo debitore dell’erario.

Oltre all’Imu, ci sono le imposte di registro, le catastali, quelle sulle successioni e donazioni (oltre i tributi di natura reddituale come Irpef, ires, ecc.), tutti prelievi fiscali che continuano ad accumularsi e che costituiscono una zavorra insopportabile per i proprietari di immobili. Nel momento in cui un immobile viene acquistato, si applica l’imposta di registro, che può arrivare fino al 9 per cento del valore del cespite, un costo esorbitante che frena ogni dinamica di mercato. Ma non basta: anche i trasferimenti di proprietà tra familiari, come nei casi di successione o donazione, sono soggetti a gravosi balzelli. È qui che il sistema fiscale italiano mostra tutto il suo volto punitivo. Le famiglie, che con sacrifici risparmiano e investono nella casa per le generazioni future, si ritrovano a dover pagare pesantemente per passare un immobile ai figli o ai nipoti.

Una situazione che sembra più vicina a una vessazione medievale che a una moderna politica fiscale. Come ha osservato lo studioso liberale Henry Hazlitt, “ogni nuova imposta colpisce l’economia in modi imprevedibili”, causando distorsioni che spesso producono effetti negativi a lungo termine. Le imposte sulle successioni, ad esempio, scoraggiano il risparmio e la trasmissione intergenerazionale di ricchezza, rafforzando un ciclo di impoverimento che danneggia le famiglie e l’intera economia.

La combinazione di tasse fondiarie soffoca non solo chi dispone di beni, ma anche l’intero mercato. Le riforme proposte negli ultimi anni, lontane da offrire soluzioni, hanno spesso aggravato il problema. Il risultato è che gli investimenti nel mattone, che per decenni hanno rappresentato una sicurezza per milioni di famiglie, sono ora un terreno minato.

L’alto carico fiscale ha portato a un blocco degli scambi e a una riduzione delle compravendite. In tale contesto, molti scelgono di non vendere, temendo il fisco e le complessità burocratiche che ne derivano, mentre i potenziali acquirenti si trovano scoraggiati dall’eccessivo costo fiscale legato all’acquisto. In sintesi, lo Stato ha creato un mercato immobiliare stagnante, dove il valore della proprietà è minato da una fiscalità insostenibile e l’incentivo all’investimento è distrutto. “Lo Stato – è la celebre frase di Frédéric Bastiat – è la grande finzione attraverso la quale tutti cercano di vivere a spese di tutti gli altri”. Essa esprime un principio perfettamente incarnato dalle tasse sulla casa, che alimentano l’illusione che il benessere possa essere redistribuito colpendo i proprietari. In realtà, si tratta di un circolo vizioso che indebolisce l’economia, riduce la libertà e danneggia i più vulnerabili.

Come invertire la tendenza? È necessaria una rivoluzione fiscale che metta al centro il cittadino e la sua libertà. L’eliminazione dell’Imu sulle prime case, la drastica riduzione del carico tributario sulle compravendite e sulle successioni, nonché la semplificazione burocratica, sono i primi passi ineludibili per rilanciare il mercato immobiliare e restituire dignità alla proprietà privata.

I proprietari non devono essere visti come dei bancomat da cui l’amministrazione erariale preleva risorse, ma come creatori di ricchezza che, liberi da lacci e lacciuoli fiscali, possano contribuire allo sviluppo dell’intero Paese. Una politica fiscale giusta ed equa, affrancata da qualsiasi pregiudizio ideologico o da spinte corporative, deve avere come obiettivo quello di ridurre al minimo l’ingerenza del governo nelle vite dei cittadini, rispettando il diritto alla proprietà privata e promuovendo un mercato libero e dinamico. Solo così si potrà ridare respiro a un settore cruciale come quello immobiliare, restituendo a tutti gli individui il pieno controllo del proprio destino economico.

In definitiva, la casa non può e non deve essere un bene su cui lo Stato esercita un diritto di riscossione perpetua. Se vogliamo un’Italia prospera e libera, dobbiamo smantellare questo sistema oppressivo di tassazione e lasciare che la proprietà torni a essere ciò che è sempre stata: una fonte di libertà e indipendenza per ogni cittadino.


di Sandro Scoppa