giovedì 10 ottobre 2024
Su un reddito da 2400 euro lordi, ogni “produttore” dà allo Stato, in via diretta o indiretta, 1728 euro. Non a caso, dal 2008 ad oggi la crescita economica italiana è stata zero. Il nostro reddito è assorbito per quasi i tre quarti dallo Stato, attraverso tasse e spese obbligatorie imposte dalle leggi. Oltre alle tasse dobbiamo pagare imposte e accise sulla benzina, multe, sanzioni, diritti di lite giudiziaria che si pagano anche se hai ragione, l’Iva, ma anche la revisione delle auto, le assicurazioni, i libri scolastici, le tasse universitarie, le tasse sull’energia, i conti correnti obbligatori e le tasse relative all’emissione obbligatoria degli estratti conto, l’assistenza o la certificazione di un commercialista, di un avvocato, di un geometra, di un elettricista, di un idraulico, di un Caf, di un patronato. Dobbiamo sostenere le imposte locali, le tasse di soggiorno se ci allontaniamo da casa e mille altre spese che ci lasciano solo duecentottanta euro ogni mille guadagnati, per vivere. Ben settecentoventi euro ogni mille li sacrifichiamo ad una messe di normative che hanno ridotto brutalmente la nostra capacità di spesa. Che scende ancora, ogni giorno.
La tassazione netta sul nostro reddito personale, escluse le spese obbligatorie imposte dalle leggi, è del 51,2 per cento del reddito. Altri venti punti arrivano dai balzelli a nostro carico. La beffa è che gli enti pubblici continuano a caricare sulle famiglie spese che in precedenza giustificavano il prelievo fiscale. L’elenco è lungo e va dalla gestione degli enti locali e dei gestori di reti idriche e dello smaltimento rifiuti. Ma anche le strade, le bollette di immondizia, e acqua (non è una ripetizione), le infrastrutture, la sanità, la buona gestione della banca dove sei obbligato a depositare i tuoi soldi. Oggi, se la banca rischia di fallire, a pagare sono i correntisti.
Non solo. Se commettiamo errori nella gestione delle partite fiscali, si abbatterà sul nostro reddito un uragano dal quale non si esce. Nessuna persona normale è in grado di sostenere la tassazione ordinaria più le sanzioni sugli eventuali e possibili errori del passato, grazie a normative che cambiano continuamente e che il cittadino medio non conosce. È in questo territorio che oscilla tra mala e buona fede che le persone per bene e gli evasori fiscali cronici si incontrano.
Da sempre i governi promettono di semplificare la materia fiscale. I risultati sono nulli.
Forse allora è il caso che lo Stato incameri tutto quello che guadagniamo e ci dia solo quello che resta. Un’operazione di trasparente sovietizzazione che darebbe certezza a tutti sulla nostra reale disponibilità economica. Annullerebbe il rischio gestione tributaria che è gravissimo. Un amico imprenditore sintetizzò il tutto: “Sembra che produciamo denaro, in realtà, il denaro lo spostiamo soltanto. Alla fine del ciclo produttivo, in media, abbiamo, se siamo stati bravi, la stessa cifra di quando abbiamo aperto l’impresa”.
Da questo punto di vista, possiamo anche dire che continuare a parlare di lotta all’evasione fiscale sia una truffa istituzionale. Agenzia delle Entrate e Guardia di finanza hanno norme, banche dati, intelligenza umana e artificiale, libero accesso ai dati dei conti correnti. La lotta all’evasione è ormai solo questione di apertura del procedimento. Il problema vero invece è la spesa pubblica, balorda e asfissiante.
Sullo spreco di denaro pubblico si celebra una continua supercazzola da sempre. Almeno il 20 per cento della spesa pubblica è spreco certificato. È noto da decenni che un chilometro di strade in Italia costa 33 milioni, contro i quattordici della Spagna e i quindici di Germania e Francia. Per noi, questo dato è una sorta di karma immutabile. Resta inalterato.
Ci sono anche una miriade di enti che sono finanziati con normativa cogente e che sono pagati da noi. Si va dai consorzi sulla gestione del riciclaggio alle autorità d’ambito idrico, fino a quei supermarket chiamati aeroporti. Ogni volta che partiamo, quasi venti euro li paghiamo solo per passare dalla stazione dove atterrano e decollano gli aerei. Insopportabile balzello. Se Fassino avesse dichiarato, quando fu sorpreso con un paio di profumi in tasca, che la sua era spesa proletaria sarebbe forse diventato l’eroe di tutti i viaggiatori.
In verità lo spreco è la cifra dell’Italia e dei suoi profittatori.
Se la Pubblica amministrazione rispettasse il concetto che “non esistono soldi dello Stato, ma soldi dei cittadini” (Margaret Thatcher) in un istante il vero reddito disponibile familiare italiano passerebbe da 270 euro su mille ad almeno 410. In una famiglia media, arriverebbero d’incanto più di cinquecento euro veri al mese. Con questa disponibilità aggiuntiva, l’Italia crescerebbe naturalmente. Basta smettere di buttare al vento i nostri soldi e il miracolo economico arriverebbe, pur lasciando nelle mani dello Stato ancora la metà di quello che produciamo.
E poi dobbiamo definire anche un limite al prelievo. Per salvaguardare imprese e famiglie dal fallimento per tasse, bisogna proteggerle dal Grande Sprecone, lo Stato. Se in buona fede, almeno una volta nella vita, ogni contribuente deve avere il diritto di sanare la propria posizione pagando il 30 per cento del dovuto, in riferimento agli errori del passato.
In alternativa, ribadisco, facciamo che sia lo Stato a dare uno stipendio a tutti, dopo che avrà incassato lui ogni euro prodotto. L’attuale governo di destra non fa eccezione, in questa strana ‘eversione’ sovietica delle entrate e spese dei cittadini.
Attenzione: in questo articolo non è stato fatto alcun male a feste o sagre paesane, anche se costano più di mille miliardi l’anno.
di Claudio Mec Melchiorre