Crisi immobiliare in Italia: opportunità o problema?

venerdì 6 settembre 2024


L’aumento dei tassi di interesse mette in difficoltà il mercato immobiliare italiano, ma questa crisi potrebbe anche aprire la strada a riforme necessarie. È il momento di scegliere tra affrontare le debolezze o cogliere nuove opportunità

L’attuale crisi immobiliare che ha colpito l’Italia, aggravata dall’aumento dei tassi di interesse deciso dalla Banca centrale europea, mette in luce le pericolose conseguenze dell’interventismo monetario. Per anni, l’istituto ha mantenuto i tassi a livelli artificialmente bassi, nel tentativo di stimolare l’economia attraverso il credito facile. Tuttavia, tale politica ha causato una crescita insostenibile dei prezzi degli immobili, sorretta non da solidi fondamentali economici, ma da manovre espansive che hanno distorto il mercato. È risaputo che l’interventismo si manifesta quando una banca centrale manipola i tassi di interesse o utilizza misure non convenzionali, come il Quantitative easing, per influenzare l’economia. L’obiettivo è spesso quello di rendere il denaro più accessibile, incoraggiando investimenti e consumi. Nonostante ciò, questa politica può generare bolle speculative, dove i prezzi degli asset, come gli immobili, crescono rapidamente senza un reale sostegno economico.

Quando i tassi di interesse vengono mantenuti artificialmente bassi, gli investitori sono incentivati a prendere in prestito e a investire in maniera eccessiva, spesso in settori come l’immobiliare, che sembrano offrire rendimenti elevati grazie ai bassi costi del credito. Detti investimenti, però, non avrebbero lo stesso appeal in un mercato non distorto. Di conseguenza, si genera un boom temporaneo che non è sostenibile nel lungo periodo. Con l’aumento dei tassi oltre il 4 per cento, come ha riportato Il Sole 24 Ore, il mercato immobiliare ha subito un rallentamento significativo, con una contrazione del 15 per cento nelle compravendite e una riduzione della domanda di nuove costruzioni. Milano Finanza, a sua volta, ha evidenziato come le richieste di mutui siano crollate del 20 per cento, allungando i tempi di vendita, soprattutto nelle grandi città come Milano, Roma e Firenze. Inoltre, secondo Idealista, l’aumento dei tassi ha portato a una crisi di fiducia tra gli acquirenti, molti dei quali preferiscono posticipare l’acquisto in attesa di una maggiore stabilità economica.

A complicare ulteriormente il quadro è l’allarme crescente su una possibile crisi “subprime” in Italia, come riportato dal quotidiano Avvenire. Il rischio di insolvenza su mutui concessi durante il periodo di tassi bassi è aumentato, poiché molte famiglie ora si trovano in difficoltà nel sostenere i maggiori costi dei mutui a tasso variabile. Detto scenario ha creato nuove tensioni nel sistema finanziario, potenzialmente aprendo la strada a una crisi bancaria, anziché risolvere i problemi strutturali del mercato. Le conseguenze delle politiche della Bce si sono fatte sentire anche sulla domanda di mutui immobiliari, ormai drasticamente ridotta. I costi di finanziamento più elevati hanno reso l’acquisto di una casa proibitivo per molte persone, bloccando di fatto il mercato immobiliare, che si trova ora in una fase di stagnazione. Di fronte a queste difficoltà, molti si sono rivolti al mercato degli affitti, ma l’offerta di immobili in locazione è insufficiente per soddisfare la domanda crescente. La relativa pressione ha così causato un aumento significativo dei canoni di locazione, aggravando ulteriormente il costo della vita e peggiorando la situazione per le famiglie già colpite dall’incremento dei tassi.

La crisi prospettata era non solo prevedibile, ma inevitabile, date le politiche monetarie espansive della Bce. Del resto, Friedrich August von Hayek e Ludwig von Mises hanno sempre sostenuto che l’espansione artificiale del credito, non supportata da un corrispondente aumento dei risparmi reali, genera inevitabilmente cicli di “boom e bust”. Secondo Mises, quando il denaro viene reso troppo economico attraverso tassi di interesse artificialmente bassi, gli investimenti e la spesa aumentano oltre i livelli sostenibili. Ciò porta a una fase di crescita accelerata (boom), basata su fondamenta fragili. I capitali vengono allocati in maniera inefficiente, spesso in settori che appaiono redditizi solo grazie ai bassi costi del credito, ma che non avrebbero lo stesso appeal in condizioni di mercato equilibrate. Nel contesto italiano, i tassi eccezionalmente bassi hanno spinto molti a indebitarsi per investire nel settore immobiliare, portando i prezzi a crescere ben oltre i livelli giustificati dai fondamentali economici. Con l’aumento successivo dei tassi, i costi del debito sono diventati insostenibili, determinando una significativa contrazione della domanda di nuovi mutui. La suddetta dinamica ha avviato una fase di correzione nel mercato, con un conseguente calo dei prezzi e ripercussioni negative sull’economia complessiva.

Il rallentamento delle compravendite e la diminuzione della domanda di mutui rappresentano proprio il risultato di siffatto ciclo. I due grandi pensatori austriaci avrebbero considerato l’evidenziata evoluzione una conseguenza diretta delle distorsioni create dall’intervento della Bce, che ha alterato i segnali naturali del mercato e favorito investimenti eccessivi nel settore immobiliare. La crisi, quindi, è una manifestazione inevitabile delle leggi economiche, che alla fine impongono una correzione quando il mercato viene distorto da politiche monetarie irresponsabili. Nel richiamato scenario, il ruolo della Bce dovrebbe essere drasticamente ridimensionato. Piuttosto che intervenire costantemente sui mercati, l’istituto centrale dovrebbe limitarsi a garantire la stabilità monetaria senza manipolare artificialmente i tassi di interesse o espandere l’offerta di denaro oltre ciò che è giustificato dai risparmi reali. Le politiche adottate per contrastare l’inflazione hanno solo messo in luce le debolezze strutturali di un mercato alterato da condizioni monetarie troppo favorevoli.

In La via della schiavitù, Hayek ha avvertito sui pericoli della pianificazione centralizzata, affermando che l’intervento statale nell’economia porta inevitabilmente a distorsioni di mercato e alla limitazione della libertà individuale. “Quanto più lo Stato “pianifica”, ha scritto, “tanto più difficile diventa la pianificazione per l’individuo”. È un principio che si applica anche alla manipolazione dei mercati da parte di istituzioni centrali come la Bce. Murray Rothbard, in La grande depressione, ha ulteriormente sviluppato le osservazioni del primo, sottolineando come l’espansione dell’offerta di denaro e credito da parte di autorità centrali crei inevitabilmente bolle speculative e crisi. La sua critica rinforza l’idea che il mercato debba essere lasciato libero di autoregolarsi, senza interferenze esterne.

Nonostante le difficoltà attuali, la crisi immobiliare può essere un’opportunità per ripensare il mercato italiano secondo i principi del libero mercato. Un ritorno a un sistema in cui tassi di interesse e prezzi degli immobili siano determinati dalle forze di domanda e offerta, senza interferenze centrali, garantirà una crescita economica più stabile e sostenibile. Solo permettendo al mercato di operare liberamente, l’Italia potrà superare le difficoltà e costruire un futuro prospero e duraturo, libero dalle distorsioni create dall’interventismo. In definitiva, la lezione che emerge è che l’interventismo, per quanto sembri una soluzione a breve termine, crea distorsioni che conducono a crisi economiche ancora più profonde. Ridurre il ruolo della Banca centrale e lasciare che il mercato operi senza manipolazioni è l’unico modo per garantire una crescita sana e sostenibile nel lungo termine. “Il più grande nemico della libertà è il controllo del Governo su tutto ciò che desideriamo fare”, ha osservato Milton Friedman, che ci ha così ricordato l’importanza di preservare un’economia libera per garantire libertà e prosperità.


di S. Scoppa