Ragioneria generale dello Stato: l’accountability dimenticata

mercoledì 7 agosto 2024


La situazione attuale di dissesto

Le recenti discussioni sul ruolo della Ragioneria generale dello Stato (Rgs) e del suo ragioniere generale sono state oggetto di forte critica da parte del ministro dell’Economia per la mancata chiarezza e per errori commessi sui bonus edilizi, che hanno dato evidenza alla mancanza di competenza, di indipendenza e di memoria storica sul ruolo e le funzioni della Rgs. In altri termini, ai conti della Ragioneria generale dello Stato è venuta a mancare quasi completamente il ruolo dell’accountability che è fondamentale in ogni Amministrazione che sia pubblica o privata. L’assenza di essa porta a dati errati, che nelle imprese danno luogo al falso in bilancio, duramente ripreso dalla legislazione civile e penale. Non dovrebbe essere la stessa cosa per le gravi distorsioni della contabilità pubblica, che ha fallito nei conti dei bonus edilizi. Sembra che la Rgs abbia sbagliato completamente le previsioni di spesa: infatti, secondo le relazioni tecniche, il costo dei bonus edilizi avrebbe dovuto essere di 71 miliardi ed è stato invece di 220 miliardi, creando un buco di 150 miliardi, di cui circa 70 solo nel 2023. Anno, questo, in cui doveva essere effettuata una previsione corretta di spesa, prima di cadere nel baratro dell’errore, della scarsa competenza e dell’eccessiva sudditanza alla politica, che ha comunque le sue gravi colpe. Proviamo perciò a tracciare un quadro, anche storico, per capire le gravi mancanze nella gestione contabile, che rappresenta il vero problema di un Paese che ha strumenti e organi di controllo non idonei al duro lavoro da svolgere.

LA STORIA E NASCITA DELLA RGS

La Rgs nasce il 22 aprile del 1869, giorno in cui venne approvata la legge 5026 sulla amministrazione del patrimonio dello Stato e sulla contabilità generale, sotto l’egida del ministro delle Finanze del tempo, il conte fiorentino Luigi Guglielmo Cambray-Digny. L’articolo 17 della suddetta legge istituisce, alla immediata dipendenza del ministro delle Finanze, una Ragioneria generale e una Direzione generale del Tesoro. I successivi articoli – 18 e 19 – prevedono che la Ragioneria generale “col metodo della scrittura doppia (poi abbandonata con gravi conseguenze sulla rendicontazione contabile, ndr), riassumerà e terrà in evidenza i risultati dei conti delle riscossioni, dei versamenti delle pubbliche entrate e delle spese ordinate, fatte in relazione non solo ai capitoli del bilancio, ma anche ai vari servizi e alla responsabilità di ciascuna Amministrazione. Riassumerà, altresì, e terrà in evidenza variazioni che si verificano nella consistenza del patrimonio mobile e immobile dello Stato” ed “è… incaricata della formazione delle situazioni del Tesoro e finanziarie, e di predisporre sulle proposte e cogli elementi trasmessi dai singoli Ministeri a quello delle Finanze, il progetto dei bilanci da sottoporsi all’approvazione del Parlamento. È pure incaricata di preparare al termine di ogni anno finanziario i bilanci consuntivi dell’amministrazione dello Stato”.

L’articolo 20 dispone che gli “Uffizi di ragioneria presso le Amministrazioni centrali terranno le loro scritture coordinate con la scrittura della Ragioneria generale e in corrispondenza con essa, ed a questo effetto saranno sottoposti alla vigilanza del Ragioniere generale”. L’articolo 21, infine, afferma che “la Ragioneria generale è retta da un Ragioniere generale, il quale sarà personalmente responsabile dell’esattezza e prontezza delle registrazioni contabili. La nomina dei Ragionieri sarà fatta sopra proposta del Ministro delle Finanze d’accordo col Ministro cui la Ragioneria è addetta”.

La Ragioneria generale dello Stato è diventata, seguendo le sue origini costitutive, un organo centrale di supporto e verifica per Parlamento e Governo nelle politiche, nei processi e negli adempimenti di bilancio. E ha come principale obiettivo istituzionale quello di garantire la corretta programmazione e la rigorosa gestione delle risorse pubbliche. Per riassumere, a essa è delegata la certezza e l’affidabilità dei conti dello Stato, la verifica e l’analisi degli andamenti della spesa pubblica. Sono di sua competenza la predisposizione dello schema di bilancio di previsione annuale, con i relativi provvedimenti di assestamento e variazione, del bilancio pluriennale dello Stato, del disegno di legge finanziaria e dei provvedimenti ad essa collegati. Inoltre, essa è chiamata ad intervenire – in sede di esame preventivo – sulla finanziaria dello Stato; ad assicurare l’uniforme interpretazione ed applicazione delle norme contabili; a svolgere, attraverso l’attività ispettiva, funzioni di controllo anche sulla gestione finanziaria degli Enti pubblici.

LA MANCANZA DI ACCOUNTABILITY E L’OPACITÀ CONTABILE

L’esercizio è estremamente chiaro, ma perché questo sia trasparente e oggetto di concreta approvazione, è necessario che la Rgs sia accountable (responsabile), che abbia una reale accountability che, invece, ha gravemente mostrato di non avere. Con il termine accountability si definisce l’esigenza di rendere conto da parte di coloro che hanno ruoli di responsabilità, come la Rgs e il titolare del Def, nei confronti della società o delle parti interessate al loro operato e alle loro azioni; questa esigenza nasce dal fatto che amministrare è un compito prima di tutto fiduciario, basato su un contratto vincolante in termini economici-finanziari e in termini morali. L’accountability si pone nei confronti delle parti interessate sia nei confronti dei terzi che possono subire conseguenze di natura diretta ed indiretta dalle azioni promosse. Nella nostra fattispecie, la Rgs ed il Def hanno mancato di accountability nei confronti della collettività, che si vede costretta a subire le conseguenze di questi imperdonabili errori. Il principio di accountability chiarisce molto bene il senso della responsabilità di coloro che hanno creato i problemi, in questo caso la collettività italiana che è chiamata in una situazione già difficile a farsi carico dell’onere creato da una contabilità opaca.

Infine, il processo di definizione e di costruzione dell’accountability richiede caratteristiche di oggettività (controllo sulla validità dei dati, spesso mancante) e di neutralità per garantire l’indipendenza normativa. Tutto questo può e deve portare ad un ripensamento della tenuta responsabile della contabilità pubblica. Tale situazione risulta irrispettosa dell’articolo 81 della Costituzione, che recita: “Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali. Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte. Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo”.

Come rafforzativo, la legge 24 dicembre 2012, numero 243, approvata a maggioranza assoluta dai componenti di ciascuna Camera ai sensi del nuovo sesto comma dell’articolo 81 della Costituzione, sono state dettate le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci, nonché la sostenibilità del debito del complesso delle Pubbliche amministrazioni, in coerenza con le regole europee sulla governance economica. I bilanci devono essere chiusi in pareggio pena la loro mancata approvazione. Questa norma è vincolante, anche se lascia spazio a situazioni estreme come è stata la pandemia da Covid. Ma allora: come è possibile che il nostro debito pubblico continui a crescere?

La manovra di chiusura dei bilanci nelle Amministrazioni centrali, come in quelle periferiche, viene colpevolmente aggiustata attraverso il movimento di un non realistico aumento delle entrate, così come non è realistico il necessario abbattimento delle spese per arrivare al pareggio di bilancio. Troppo spesso queste manovre sono state forzate dalla politica, che ha le sue gravi responsabilità, esercitando pressioni sulle direzioni con diktat difficili da evitare.

CONCLUSIONI: RIFORME TECNICHE E MORALI

In conclusione, il tema dei bonus edilizi ha finalmente portato in prima pagina la questione di una contabilità opaca che non si è evoluta, come spesso è stato suggerito dagli addetti ai lavori. E rappresenta il maggiore problema italiano, perché dietro questa mancanza di accountability si nascondono una bassa competenza, una bassa moralità e un’inaccettabile mancanza di senso civico. Il problema diventa pesante, se dietro ciò non si trovano le responsabilità di chi ha sbagliato. Poi non lamentiamoci del baratro scavato dall’incompetenza favorita dalla necessità di riempire le Amministrazioni pubbliche di amici, in una collusione senza fine.

(*) Professore emerito dell’Università Bocconi di Milano


di Fabrizio Pezzani (*)