Campanello d’allarme per l’euro, ma si può ancora intervenire

giovedì 1 agosto 2024


Nell’Eurozona sta suonando un campanello d’allarme. A sentirlo è la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde, la quale avverte che “dobbiamo rimanere vigili su eventuali crepe che iniziano a manifestarsi” nell’adozione della moneta unica come mezzo di pagamento e come riserva presso le altre banche centrali. Tradizionalmente, i banchieri centrali ponderano con molta prudenza i termini che utilizzano, quindi una dichiarazione di questo calibro non deve essere sottovalutata. Alle frasi di Lagarde, infatti, si aggiungono quelle di Piero Cipollone, membro del board della Bce, che ha rimarcato come “il ruolo dell’euro sulla scena globale non può essere dato per scontato”.

L’economia monetaria, infatti, è una materia in costante evoluzione e riflette anche le dinamiche globali. Ne consegue che a tendenze geopolitiche segue spesso un adattamento anche negli equilibri tra valute, seppure in modo più contenuto. Cipollone ha insistito su questo punto, aggiungendo che le ragioni per preservare il ruolo dell’euro a livello internazionale includono la necessità di “autonomia strategica in un panorama geopolitico frammentato”.

Tale motivazione si aggiunge alla convenienza, più strettamente economica, a garantire bassi costi di finanziamento ai Paesi dell’Eurozona. Nel 2023, l’euro è stato meno utilizzato nel sistema finanziario internazionale e le banche centrali hanno ridotto gli asset legati alla moneta unica di circa 100 miliardi. È presto, però, per parlare del declino dell’euro come se si trattasse di una tendenza certa e inarrestabile. Le “crepe” citate da Lagarde sono, infatti, “eventuali”, in quanto la stessa presidente ha aggiunto che i dati non mostrano “alcuna evidenza di cambiamenti sostanziali nell’uso delle valute internazionali”.

Le preoccupazioni della Bce, quindi, non si riferiscono strettamente alla situazione corrente, bensì a una potenziale evoluzione negativa della tendenza di cui oggi è possibile osservare i primi segnali, che è ancora lontana dall’essere definitiva.

La riduzione dell’euro tra gli asset delle banche centrali, ad esempio, è riconducibile per circa un terzo alla Banca nazionale svizzera, che è recentemente intervenuta per sostenere il franco.

D’altra parte, la questione geopolitica risulta più complessa. Un ulteriore calo dell’euro nelle riserve valutarie può rientrare, infatti, tra le conseguenze delle sanzioni contro la Russia, che deteneva circa l’8 per cento delle riserve globali in euro. Il ruolo crescente della Cina negli scambi internazionali, inoltre, ha supportato l’adozione del renminbi che ormai, riporta Cipollone, “sta gareggiando con l’euro per diventare la seconda valuta più utilizzata per il finanziamento del commercio”.

Il membro italiano del board della Bce ha anche osservato che non è l’euro in sé a suscitare meno interesse, ma paga l’insufficienza di “attività con rating elevato e di debito emesso a livello centrale”. Occorre quindi ricorrere quanto prima agli Eurobond, ossia obbligazioni garantite in solido da tutti gli Stati dell’area euro.

I titoli europei legati al Next Generation Eu rappresentano un passo in tale direzione, ma la natura emergenziale, quindi non continuativa, del progetto non consente di garantire all’euro un sostegno sufficiente e stabile. Nel contesto delineato dalla Bce, la realizzazione di un mercato dei capitali comune, quindi di una Borsa europea, costituisce un’opportunità strategica, oltre a rappresentare un’importante occasione di crescita per le aziende dei Paesi membri.

Una Borsa comune, infatti, amplierebbe la platea di investitori per le singole società e, a livello comunitario, rafforzerebbe la competitività del sistema europeo. Questo aiuterebbe a contenere la volatilità con vantaggi sia per i privati, sia per l’Europa, rafforzando la fiducia nella moneta unica.


di Riccardo Cantadori