Da Hollywood alla Silicon Valley, chi finanzia Harris e Trump

mercoledì 31 luglio 2024


Le elezioni presidenziali statunitensi sono tradizionalmente caratterizzate da dibattiti accesi e finanziamenti ingenti. Nelle ultime elezioni, i candidati hanno raccolto circa un miliardo di dollari ciascuno per una campagna elettorale che è costata complessivamente 14 miliardi. Quest’anno, la corsa alla Casa Bianca vede Kamala Harris per i democratici e Donald Trump per i repubblicani impegnati in una serrata competizione, anche sul fronte economico. Kamala Harris ha raggiunto un risultato record raccogliendo 130 milioni di dollari in pochi giorni anche grazie alle piccole donazioni, che rappresentano un chiaro segno di sostegno popolare. Tuttavia, sono i grossi contributi di settori specifici dell’economia e dell’industria americana a fare la differenza, soprattutto se affiancati da nomi noti. Un ruolo cruciale è svolto dai Pac e Super Pac. I Pac sono organizzazioni finalizzate a raccogliere fondi per sostenere un candidato. Le donazioni provengono da privati cittadini statunitensi, che contribuiscono anche con pochi dollari, oppure da organizzazioni come aziende o sindacati, che possono creare dei particolari tipi di Pac per raccogliere le donazioni dei loro iscritti o dipendenti. Dal 2010, si sono aggiunti i Super Pac, che non possono donare direttamente alle campagne elettorali dei candidati, ma possono contribuire indirettamente alle campagne elettorali senza limite di spesa.

La California, roccaforte democratica, appare sorprendentemente divisa. Il mondo dello spettacolo, dei social e dell’informazione rimane vicino alla sinistra americana, mentre dal suo cuore economico e tecnologico, la Silicon Valley, provengono alcuni dei finanziamenti per Donald Trump. Tra i sostenitori di Kamala Harris figurano Jeffrey Katzenberg, influente produttore cinematografico; Ray Hoffman, fondatore di LinkedIn; e Reed Hastings, co-fondatore di Netflix. I fondi provengono anche da Super Pac come Harris Victory Fund ed Emily’s List, che hanno annunciato un contributo di almeno 20 milioni di dollari a favore di Harris. La Silicon Valley, invece, sta mostrando un forte sostegno al Partito repubblicano. Nomi come Elon Musk, patron di Tesla e Peter Thiel, co-fondatore di PayPal e mentore del candidato repubblicano alla vicepresidenza J.D. Vance, sono stati accostati al sostegno per Trump, insieme a figure dell’alta finanza che includono Stephen Schwarzman di Blackstone e Bill Ackman di Pershing Square. La famiglia Soros, invece, è al fianco di Harris.

Il Super Pac Preserve America ha stanziato oltre 40 milioni di dollari per spot elettorali televisivi durante le Olimpiadi di Parigi, mentre ulteriori 20 milioni sono stati promessi da Maga Inc., il comitato che si rifà al motto di Trump “Make America great again”. A questi si aggiungono i contributi del miliardario Timothy Mellon, da sempre vicino alla destra americana. Un capitolo a parte merita la vicenda di Elon Musk. Il Wall Street Journal ha recentemente scritto che l’eccentrico multimiliardario avrebbe promesso di devolvere 45 milioni di dollari mensili a favore di Trump attraverso l’America Pac. Musk ha smentito questa cifra durante un’intervista con Jordan Peterson nella quale ha affermato che “quanto dichiarato dai media semplicemente non è vero”, poiché le sue donazioni sarebbero “di livello molto più basso”. Sulla piattaforma X (ex Twitter), di sua proprietà, ha comunque confermato il suo sostegno all’America Pac, sottolineando che il comitato promuove valori come meritocrazia e libertà individuali.

Per entrambi i partiti, la capacità di attrarre piccoli finanziamenti indica un forte sostegno popolare, mentre le grandi donazioni e i Super Pac garantiscono la potenza di fuoco necessaria per condurre campagne su larga scala. A determinare il risultato elettorale, tuttavia, sarà probabilmente un ristretto gruppo di Stati situati principalmente nel Midwest, ossia zone industriali dove il voto operaio è decisivo. In tali territori non basta avere il supporto di figure come George Soros o Elon Musk. Sotto questo aspetto, pesa il (per ora) mancato appoggio ai democratici da parte dell’International Brotherhood of Teamsters, il potente sindacato degli autotrasportatori che conta almeno 1,3 milioni di iscritti e che aveva già sostenuto Hillary Clinton nel 2016 e Barack Obama nel 2008 e nel 2012. Il 15 luglio di quest’anno, il presidente del sindacato Sean O’Brien ha invece partecipato alla giornata di apertura della Convention repubblicana. È stata una svolta inedita, in quanto, come lo stesso O’Brien ha fieramente rimarcato, è stato lui “il primo membro di Teamsters, in 121 anni di storia del sindacato” a partecipare a tale evento. Da parte sua, Kamala Harris avrà altre opportunità per dimostrare che il mondo operaio sostiene ancora i democratici.


di Riccardo Cantadori